mercoledì 4 ottobre 2006

LETTERA APERTA A «DIARIO»

Approfitto del blog, fermo ormai da diversi mesi per pubblicare una lettera che ho scritto a «Diario» sabato scorso. Una lettera scritta di getto, in circa venti minuti, immediatamente dopo aver finito di leggere uno speciale di Enrico Deaglio (pubblicato sull’ultimo numero della rivista), dall’eloquente titolo Il complotto dell’11/9? Una boiata pazzesca.

Una lettera che con buon probabilità non verrà pubblicata da «Diario». Anche perché, spero, non sarà l’unica lettera di “protesta” che la rivista milanese riceverà in risposta all’articolo del suo direttore.

Forse anche per questo – per paura che vada persa in mezzo alla corrispondenza di «Diario» e nessuno la legga mai - la pubblico qui.

Che ci sia chi fa finta di non vedere, chi non vuole capire, chi non vuole sapere per paura o per disonestà, o semplicemente per il timore di perdere i propri punti di riferimento, di non riuscire più a distinguere i “buoni” dai “cattivi” è cosa che (purtroppo) non deve stupire. Ma un conto è se certe cose le scrive un giornale di destra - o al limite un giornale generalista come «Il corriere» o «La Repubblica». Un altro se le scrive «Diario», una rivista che ha sempre fatto del giornalismo d’inchiesta, libero e indipendentemente, la sua bandiera.

Spero che questa deprecabile iniziativa sia tutta ascrivibile al solo Deaglio e non coinvolga l’intera redazione di «Diario». Sarebbe proprio un peccato. Perché prendere un’inchiesta preconfezionata da altri e considerarla aprioristicamente la Verità – per quanto prestigiosa o competente possa esserne la fonte - è l’antitesi del giornalismo. E’ anche l’antitesi dell’intelligenza e dello spirito critico.

Sicuramente una tragedia come l’11 settembre è un avvenimento troppo complicato, troppo contadditorio per poterne accettare un'unica versione come Verità Assoluta. Se molti di noi sono arrivati alla convinzione che quello che ci è stata raccontato è falso, è perché hanno deciso di informarsi, di capire, di discernere leggendo ricostruzioni diverse, disparate. Perché hanno deciso di “non prendere per buone le verità della televisione” e di mettersi lì a guardare, a confrontare le testimonianze e le prove nella disperata ricerca di comprendere, di conoscere, di farsi un‘idea.

Anche perchè i 3000 morti del World Trade Center meritano tutto tranne la nostra disattenzione e la nostra indifferenza.

Per quanto mi riguarda, ho incominciato a diffidare della versione ufficiale dei fatti dell'11 Settembre, dopo aver letto il bel libro (regalatomi dal caro amico Diego) di Nafeez Mosaddeq Ahmed dal titolo Guerra alla libertà. A dispetto del nome Ahmed è uno studioso inglese dell' Institute for Policy Research & Development di Brighton, i cui testi sono utilizzati come materiale didattico perfino ad Harvard. Anche se il suo testo privilegia i retroscena politici del 11 Settembre, tuttavia la sua lettura è stato lo stimolo per interessarmi di più alla faccenda. Da allora ( circa un anno e mezzo fa) ho letto altre pubblicazioni e navigato parecchi siti che si occupano della questione.
Per incominciare a farvi un idea vi consiglio:

- il sito www.luogocomune.net che ha una bella sezione dedicata ai misteri dell'11 settembre.
- il film inchiesta di Massimo Mazzucco Inganno Globale, messo in rete da quei paladini dell'informazione libera che sono gli animatori di Arcoiris: www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=4838 .
- Se non avete problemi con l'inglese Loose Change, uno dei primi documentari sull'argomento (ancorchè non il migliore) -al link http://www.loosechange911.com/ - e il fondamentale sito www.patriotsquestion911.com (da lì poi ci sono link ad altri siti importanti americani sull'11 settembre).
- Se non l'avete già visto su Rai Tre a Report (unica televisione, in tutto il mondo, che lo abbia mai mandato in onda), Confronting the evidences il film prodotto da Jimmy Walter , che è ora possibile guardare in streaming direttamente dal sito di Report a questo link http://www.media.rai.it/mpmedia/0,,report%5E10616,00.html



Considerazioni sullo speciale di Deaglio sull'11 Settembre


Caro Diario,

ho appena finito di leggere lo speciale di Enrico Deaglio sul 11 settembre e mi sento molto amareggiato. Sono abbonato alla vostra rivista da alcuni mesi, ma vi seguo e vi leggo da molto più tempo e vi ho sempre stimato per il vostro impegno per un’informazione libera, indipendente e rivolta solo all’accertamento della verità. Proprio per questo sono amareggiato dallo speciale di Deaglio – che è persona che stimo molto. Perché mi sembra rivolto solo a confutare delle tesi - quelle “complottiste” (che sono peraltro un universo molto variegato e per nulla riducibile ad unum) piuttosto che all’accertamento della verità. E per fare questo Deaglio si appoggia ad un’inchiesta quella di «Popular mechanichs» e la prende per oro colato. Confesso tranquillamente di non conoscere e non avere letto quell’inchiesta. Tuttavia ho letto diverse pubblicazioni e decine e decine di articoli sull’argomento (oltre ad aver visto parecchi documentari e filmati) e mi sono fatto una mia idea. Ma non prenderei mai nessuna di queste fonti, nemmeno la più prestigiosa per oro colato. Se oggi, cinque anni dopo l’11 settembre, credo che la versione ufficiale sia falsa, che sul Pentagono non sia caduto nessun Boeing e che le torri gemelle siano state demolite (che è peraltro cosa ben diversa dall’affermare che l’intero 11 settembre è un complotto o un auto-attentato) non è certo per merito di un’unica inchiesta, un’unica ricostruzione, un’unica fonte. Peraltro va aggiunto che negli Stati Uniti sostenere tesi affini a quella ufficiale è molto comodo, mentre a sostenere tesi “complottiste” si rischia l’ostracismo, l’ingiuria e la perdita del lavoro.

Ma al di là di tutto ciò, quello che mi colpisce della ricostruzione di Deaglio è l’assenza di alcuni dettagli essenziali, che, ripeto, non giustificano l’idea di un auto-attentato, ma inficiano fortemente la versione ufficiale.

Cominciamo dal Pentagono. Nello speciale di Deaglio sono pubblicate alcune foto. Tuttavia Deaglio si è guardato bene dal pubblicare le prime foto, scattate prima del crollo della facciata, quelle famose in cui si vede il foro di 3 o 4 metri. In esse si vedono le finestre dell’edificio, quasi tutte intatte. Se già appare inverosimile che un Boeing schiantandosi contro un edificio a 800 km all’ora si polverizzi, mi pare francamente impossibile pensare che lo spostamento d’aria e lo scossone portato alle mura dell’edificio dall’impatto non ne distrugga almeno i vetri.

In quelle stesse foto si vede peraltro il prato antistante completamente a posto, senza alcuna traccia di scompiglio, cosa anch’essa palesamente inverosimile ipotizzando il fatto che a colpire il Pentagono sia stato un aereo commerciale pesantissimo e ingombrante che, oltretutto, per colpire l’edificio frontalmente, avrebbe dovuto volare rasoterra per qualche centinaio di metri. A ciò si aggiunge la difficoltà della manovra che un pilota dilettante (giudicato dal suo insegnante di volo incapace perfino di guidare un semplice Cessna!) avrebbe dovuto compiere, abbassandosi al suolo a meno di cinquecento metri di distanza dall’edificio – perché oltre c’è un cavalcavia dell’autostrada – e poi volando radente al terreno per centinaia di metri. Ricordo una tramissione di qualche mese fa su Rai Uno (dico Rai uno!) in cui i migliori ingenieri aeronautici dell’aviazione civile italiana - che non ritengo possano essere tacciati in alcun modo di “complottistismo” - affermavano che la manovra sarebbe stata impossibile anche per piloti espertissimi, a causa delle forti oscillazioni (anche di centinaia di metri) prodotte dalle più minime vibrazioni della cloche, quando si vola con aerei così grandi ad altezze così basse.

Ma soprattutto la domanda rispetto al Pentagono è una: se l’Fbi e la Cia non hanno nulla da nascondere al proposito perché hanno fatto sparire lo stesso pomeriggio dell’attentato (e mai più mostrato) le registrazioni delle oltre 90 telecamere che sorvegliano il Pentagono, assieme a quelle del vicino svincolo autostradale e dell’antistante Hotel Sheraton?

Passiamo alle Torri Gemelle. Deaglio sostiene la tesi del crollo a causa dell’elevata temperatura prodotta dagli incendi, superiore ai mille gradi. Al di là del fatto che fotografie termiche scattate nel periodo intercorso tra l’impatto degli aerei e il crollo delle torri rivelano una temperatura molto più bassa, come è possibile che persone che lavoravano ai piani superiori a quelli dell’impatto siano riuscite a ridiscendere le torri (rimaste in parte praticabili), se la temperatura era di mille gradi?

Qui mi fermo anche se le prove da citare sarebbero ancora molte (dalle tracce di esplosivi che alcuni scienziati hanno trovati nei resti delle torri, alle testimonianze di scoppi anche alla base degli edifici).

Ma aggiungo un altro elemento plateale che Deaglio non ha preso in considerazione. Vale a dire il fatto che ci sono circa cinquanta tra membri della Cia, dell’esercito e delle Fbi che hanno “parlato”, hanno denunciato omissioni ed insabbiamenti, hanno chiesto spiegazioni. Tutti costoro hanno pagato in qualche modo le conseguenze del loro coraggio (a volte anche con il licenziamento). Tutti i responsabili dei presunti “disguidi”, delle falle dei sistemi di sicurezza che avrebbero portato all’11 settembre, invece, sono ancora al loro posto, ed anzi molti di loro sono pure stati promossi.

Mi sembra francamente abbastanza, non per credere nel complotto, ma sicuramente per ritenere che la versione ufficiale sull’11 settembre sia falsa, e che l’amministrazione americana ci stia nascondendo molte cose.

Francesco Zurlo

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