domenica 25 febbraio 2007

OPERA, L'INTOLLERANZA PAGA. NEL SILENZIO DI MEDIA E PARTITI.

Qualcuno ha detto, non senza una punta di ironia, che i “No-Rom” di Opera sono stati l’unico movimento “locale” degli ultimi tempi che non sia stato combattuto, contestato o represso dalle forze dell’ordine e dalle istituzioni. E che – soprattutto - abbia ottenuto ciò che voleva: ovvero la cacciata del gruppo di famiglie Rom che ad Opera avrebbe dovuto trovare una sistemazione per l’inverno - per l’esattezza fino al 31 marzo.

Riepiloghiamo la vicenda per i più distratti:
il 14 dicembre scorso viene sgomberato a Milano il campo nomadi di Via Ripamonti; 77 persone (34 delle quali bambini) vengono trasferite in un accampamento di tende riscaldate allestito ad Opera, piccolo centro dell’hinterland milanese governato dal centrosinistra. Subito l’opposizione di destra scatenata la bagarre. Il sindaco viene duramente contestato in comune da esponenti leghisti e di An, che soffiano sul fuoco del malcontento dei cittadini. Dal fuoco metaforico si passa subito a quello reale. Durante la notte tra il 21 e il 22 dicembre alcuni ignoti (presumibilmente neofascisti) aizzati dai discorsi dell’opposizione appiccano il fuoco alle tende dei Rom, spargendovi sopra diverse taniche di benzina.
L’opposizione festeggia ma il fatto suscita riprovazione e il parroco del paese nega addirittura l’eucaristia natalizia alla cittadinanza (che in buona parte ha guardato con benevolenza al grave atto vandalico). Ciò nonostante il sindaco diessino Alessando Ramazzotti ribadisce la ferma intenzione di ospitare le famiglie Rom e già il 29 dicembre viene allestita una nuova struttura.
Ma il clima di ostilità non cessa. Davanti alla recinzione che protegge la nuova tendopoli si installa un presidio permanente di cittadini ed esponenti di Lega e An. I Rom (ed i volontari che li assistono quotidianamente) sono fatti oggetto di provocazioni ed insulti (a volte perfino sputi). Più volte si rischia l’incidente. Interviene nuovamente il sindaco Ramazzotti che chiede addirittura l’intervento dei vigili. Ma è tutto inutile.
Il 10 febbraio, con una lettera perentoria, le famiglie Rom annunciano la loro decisione di abbandonare la tendopoli di Opera, causa il violento clima di provocazione ed intolleranza incontrato: «Siamo il gruppo di persone, uomini, donne, bambini che da mesi vivono nelle tende ad Opera in una situazione d’emergenza, con un presidio di gente che non ci vuole, con la polizia che è sempre all’entrata del campo. Non ce la facciamo più. Soprattutto i nostri bambini hanno paura. Per questo non vogliamo più stare neanche un’ora in più perché siamo stanchi. Ci sentiamo offesi e siamo offesi continuamente. […] Quando passiamo al presidio noi salutiamo sempre, ma loro ci trattano male. Passiamo ogni giorno attraverso cartelli che ci offendono. Siamo persone come voi e molti, anche cittadini di Opera, lo possono affermare. Ora non abbiamo più il coraggio di uscire dopo le 17 per prendere da mangiare. Chi viene a trovarci, deve essere riconosciuto dalla polizia, spesso non passa. Ma perché? Avevamo detto che saremmo rimasti quel gruppo e così è. Siamo intimiditi ed impauriti. Non ce la facciamo più. […]». Grazie all’intervento dell’infaticabile Don Virginio Colmegna e della sua Casa della carità ora le famiglie Rom verranno trasferite in una nuova struttura all’interno del Parco Lambro, periferia nord-est di Milano.

La prima considerazione che il triste epilogo di questa storia spinge a fare è quasi banale: l’intolleranza e la violenza pagano. Pagano e rimangono impunite - ad oggi infatti, malgrado i sopralluoghi delle forze dell’ordine, nessuno è stato arrestato o semplicemente inquisito per l’incendio appiccato lo scorso 22 dicembre.

Ma soprattutto l’intolleranza e la violenza destano meno scandalo delle beghe matrimoniali di un ex-presidente del Consiglio o di un qualsiasi altro caso di cronaca. Con buona probabilità in un qualunque altro paese europeo un episodio simile avrebbe suscitato fiumi d’inchiostro, editoriali veementi e sarcastici, polemiche roventi. Niente di tutto questo in Italia. E neppure grandi manifestazioni della società civile o prese di posizioni da parte degli esponenti del centrosinistra – esclusa quella dignitosissima dell’amministrazione comunale di Opera o l’impegno encomiabile dei volontari della Casa della Carità.
Anzi è il modo in cui tutta la vicenda è stata trattata dalla stampa a gridare vendetta. Finchè si trattava di dare voce al malcontento e alla protesta dei cittadini di Opera (comprensiva di vandalismo ed incendio doloso), giù servizi sulla prime pagine della stampa nazionale e finanche all’interno dei telegiornali Rai e Mediaset. Ma quando si è consumato il triste epilogo della cacciata delle famiglie Rom, la notizia non ha varcato i confini della cronaca locale ed ha paradossalmente trovato più spazio sulle pagine di testate come la Padania o Libero. Ma non già, ovviamente, per denunciarne lo scandalo, quanto per rivendicare la “vittoria” dei cittadini indignati.

E così si celebra il paradosso (che purtroppo paradosso non è)
che ciò che non riescono ad ottenere decine di migliaia di cittadini pacifici e civili, lo possono ottenere poche centinaia di incivili ed intolleranti.
E’ davvero una pagina triste della nostra storia più recente. La lega Nord (ed in subordine altri raggruppamenti politici di destra) incassano nel silenzio generale l’agognato frutto di un lavoro “culturale” che dura da anni. Un lavoro capillare che mira a reintrodurre in Italia idee e concetti razzisti e intolleranti, che si sperava fossero definitivamente consegnati alla spazzatura della storia.
Gianni Barbacetto sulle pagine di Diario – l’ unica grande pubblicazione a diffusione nazionale che abbia dato il giusto peso alla vicenda – ha definito l’episodio il primo piccolo «pogrom italiano».Un pogrom bianco perché senza morti. Ma non per questo meno grave. Ed ha aggiunto: «D’ora in poi si sa che “la lotta vince” , che bruciare un campo nomadi resta impunito, che assediare e insultare uomini, donne e bambini nati in un paese diverso porta ai risultati sperati. Quando ci sarà il prossimo pogrom, quando ci scapperà il morto, i giornali e le tv si chiederanno come sia stato possibile – come hanno fatto con gli stadi e gli ultrà». Speriamo che la storia dia torto al giornalista di Diario.

(Articolo scritto per la rivista on-line Fusi Orari)

2 commenti:

Tisbe ha detto...

di fronte a queste notizie è difficile riuscire a dire qualcosa di sensato
ricordo quando un paesino dell'Irpinia accolse gli zingari: nessuno era favorevole, nemmeno i cattolici

Ettore Fusco ha detto...

Ragazzi, molto di quel che leggo è quello che proprio la stampa ha raccontato. Una quantità di menzogne pilotata per orientare l'opinione pubblica e fare credere che contro il campo rom ci fossero solo la Lega Nord ed i nazifascisti, meglio se di forza nuova.
Niente di più falso visto che c'erano cittadini di tutte le estrazioni ed alle manifestazioni presenziavano un migliaio di persone (Opera è un paesino) di ogni credo politico. Ovvio che poi a capitanarle fossero i partiti all'opposizione, visto che il sindaco l'ha voluto il campo nomadi, e quindi il Consigliere della Lega Nord e quello di Alleanza Nazionale. Consiglieri che poi, giusto per aggiornare l'articolo, sono stati indagati insieme ad altre 15 persone.
Il capo d'imputazione per i politici, che hanno solo fatto il proprio dovere ed ovviamente non erano al campo quando i cittadini esasperati l'hanno bruciato, è l'istigazione a delinquere. Sempre per la cronaca non è affatto vero che sia stata cosparsa benzina per bruciare le tende. Chi l'ha fatto può averlo fatto senza premeditazione visto che sono bastati degli accendini e le taniche ritrovate li vicino non sono state utilizzate e quindi forse neppure erano li per quello che si pensa.

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