sabato 10 settembre 2005

PISANU, LE SCUOLE ISLAMICHE E L’IPOCRISIA DEI CATTOLICI FOLGORATI SULLA VIA DI RIMINI

Il fatto: una scuola islamica di Milano in via Quaranta è stata chiusa per inagibilità e pericolosità della struttura. Fin qui niente di insolito; cose che succedono spesso, anche se, dato l’orientamento politico della giunta milanese possono destare sospetto.
Ma questa volta c’è qualcosa di più. Il ministro degli Interni Pisanu infatti - in inquietante concomitanza con una serie di arbitriare espulsioni di extracomunitari sospettati di fiancheggiare il terrrorismo internazionale – si è concesso il lusso di chiosare sulla notizia affermando di essere “contrario a qualsiasi forma di educazione parallela che servirebbe solo a ghettizzare gli islamici in Italia, a farne una enclave nel nostro territorio".
Apparentemente potrebbe sembrare semplicemente uno dei soliti discorsi a Pera che tanto vanno di moda tra gli esponenti del centrodestra in questo periodo (Pera con la P maiuscola ovviamente, in palese riferimento al nostro simpatico Presidente del Senato, sempre prodigo di pensierini bonariamente nazisti sull’importanza della razza pura e sul pericolo del meticciato).
Ma forse quest’intervento del ministro forza-italiota merita qualche riflessione in più. Qualche parola in più sulla doppia morale di questa strana nuova categoria di sedicenti cattolici, di cattolici folgorati sulla via di Rimini, che sta imperversando nel nostro paese.
Già perchè sorprende, se non indigna, che un esponente dell’unico governo che nell’intera storia della Repubblica abbia stornato una consistente quantità di soldi dal bilancio pubblico per indirizzarli verso le scuole confessionali cattoliche, dichiari di essere “contrario a qualsiasi forma di educazione parallela”. Ma i vari S. Carlo e Leone XIII cos'altro sono se non una forma di educazione parallela al sistema scolastico statale?
Con che coraggio il ministro Pisanu può permettersi di affermare che “I bambini islamici devono andare nelle scuole statali” quando il governo di cui fa parte fa di tutto perchè i bambini italiani vadano in quegli “indottrinifici” ciellini che sono le scuole cattoliche?


Da queste parti – lo confessiamo - siamo abbastanza laicisti e statalisti. Crediamo infatti che qualunque scuola non statale, ma ispirata ad un qualsiasi particolare orientamento cultuale (cattolico, islamico, confindustriale che sia) non possa far altro che fomentare divisioni e configurarsi come un pericoloso ostacolo verso una società genuinamente multietnica e solidale.
Essendo però anche convintamente democratici, sappiamo che non è possibile proibire nessuna di queste varie scuole confessionali presenti nel paese, purchè tutte agiscano nel rispetto di quel dimenticato e pluri-infranto articolo della costituzione che parla di assenza di “oneri per lo stato”. E chiarito questo appare ovvio che non è possibile stabilire diversi pesi e diversi misure per i differenti culti.


Ma d’altronde non ci si può stupire. Nel paese del Concordato e del Vaticano, dei referendum che non raggiungono il quorum per ingerenza papale, è superfluo sorprendersi se un culto viene favorito rispetto agli altri, se fra tra i tanti si verifica anche un conflitto di interessi religioso. Nel paese di 50 anni di dominio democristiano, vince chi dimostra più piaggeria nei confronti del cupolone romano.
Cosa importa se si debba rendere omaggio a un “beato” franchista, sconfessare il proprio passato di mangiapreti, riempire l’etere di Roma di onde inquinanti, comprare il Vaticano con regalie alle scuole cielline? Tutto fa brodo e l’ipocrisia paga.


E così alla fine, in tempi di scontro di civiltà, per qualunque cattolico di comodo dell’ultim’ora o qualunque democristiano "di ritorno" risulta pìu facile e conveniente trovare una qualche demagogica pagliuzza negli occhi del primo centro islamico che capita a tiro, piuttosto che riconoscere le centomila travi dell’ingerenza vaticana sulla vita del Bel Paese.

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