mercoledì 8 novembre 2006

L’IPOCRISIA DEI GIORNALISTI ITALIANI SUL VENEZUELA E SULL’AMERICA LATINA


Approfitto nuovamente di questo spazio per un altro sfogo-riflessione. Lo spunto di partenza è l’elezione di Panama a membro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

Fintanto che la sfida tra Venezuela e Guatemala era aperta i telegiornali nazionali e la carta stampata ci hanno coperto di servizi sulla questione. Giornalisti che non si sono mai occupati di Sudamerica hanno raccontato con accenti preoccupati del rischio che questo paese governato da un “caudillo che utilizza il proprio petrolio come arma di ricatto” (cfr. Giulio Borelli al Tg1) entrasse all’interno dei quindici. Poi quando il “pericolo” che il Venezuela potesse farcela è sparito e si è dato via libera alle mediazioni che hanno portato all’elezione di Panama, il fatto ha smesso di essere notizia, è scivolato via dai telegiornali ed è stato relegato alla dimensione di trafiletto o poco più sulla carta stampata.

La notizia della designazione di Panama è stata quasi ignorata dall’informazione televisiva. Tutto ciò merita qualche riflessione. Paradossale.

Nei mezzi di comunicazione di massa, ad onta di quello che si potrebbe pensare si parla molto di più dei paesi progressisti dell’America Latina che di quelli conservatori. Ma per parlarne male.

Chi scrive ha notato che gli unici due paesi le cui elezioni non siano state “coperte” dall’informazioni televisiva nostrana, tra i tanti interessati da tornate elettorali quest’anno, sono stati Colombia ed Ecuador. Guardacaso gli unici due nei quali ha vinto la destra – mettiamo tra parentesi l’indefinibile governo peruviano di Alan Garcia. Nel caso del primo infatti si sarebbe dovuto affrontare lo spinoso nodo dei paramilitari, nel caso del secondo parlare dei probabili brogli che hanno favorito il re delle banane Noboa. Meglio lasciar perdere. Per quanto riguarda il Messico, le cui elezioni anche solo per il peso politico ed economico del paese erano ineludibili, si è deciso di accettare la versione governativa e di non dar conto dei circa due mesi di controversie, seguiti alla consultazione elettorale.

Cosi finchè c’era l’occasione per parlar male del Venezuela, giù tutti a professare un pelosissimo interesse per le sorti del seggio latinoamericano del Consiglio di Sicurezza, salvo poi tornare alla consueta distrazione svanito il pericolo.

Chi scrive non è esente da critiche nei confronti di Chávez. L’abbracio fraterno nei confronti del presidente negazionista Ahmadinejad il leader della rivoluzione bolivariana poteva evitarlo, così come a volte potrebbe risparmiarsi certi eccessi populistici come i papponi filo-governativi propinati attraverso il domenicale programma televisivo Alò Presidente.

Ma qualunque giornalista onesto intellettualmente deve riconoscere che si tratta di dettagli folkloristici e secondari rispetto all’immane sforzo di giustizia sociale portato avanti dal governo di Caracas. Qualunque giornalista onesto dovrebbe riconoscere che il Venezuela non ha mai conosciuto un livello di giustizia, partecipazione, democrazia e pluralismo come in questi ultimi anni – pur nei limiti “fisiologici” di un paese prostrato da decenni di violenza e corruzione.

Invece i vari Romano, Riotta, Rampoldi preferiscono ricamare su questi aspetti secondari arrivando a descrivere il presidente (ed il governo) venezuelano come autoritario e dittatoriale. Gente che non si è mai interessata al Venezuela e ai suoi problemi pretende di dirci che oggi lo stato sudamericano è autoritario e dittatoriale.

Ma dov’erano questi signori alla fine degli anni ’80 quando il governo Pérez reprimeva nel sangue i cittadini venezuelani che scendavano in piazza a causa della crisi economica, durante il periodo del Caracazo, quando venivano soppressi tutti i diritti civili e si compivano massacri intollerabili? Come possono questi signori far finta di nulla e non riconoscere che nell’era chavista il paese ha conosciuto un incremento delle libertà civili e dei diritti umani come mai nella sua storia?

Perchè bisogna seguitare in quest’ipocrisia intollerabile e non dire le cose come stanno e cioè che certi giornalisti “liberal” del nostro bel paese più che alla sorte dei diritti umani e della democrazia in Venezuela (e nel resto dell’America Latina), sono attenti agli interessi economici italiani (e in particolare dell’Eni) colpiti dalle politiche di nazionalizzazione degli idrocarburi del governo di Caracas?

Perchè i mezzi d’informazione devono far finta di non vedere la “trave” delle violazioni sistematiche dei diritti umani di paesi come la Colombia, o quella delle frodi elettorali di Messico ed Ecuador ed enfatizzare invece la “pagliuzza” di singoli frasi o iniziative più o meno opinabili di governi democraticamente eletti (e pienamente democratici) come il Venezuela e la Bolivia?

Non farebbero più bella figura a dirlo apertamente che il loro scopo primario non è il rispetto dei diritti umani o della democrazia in Sudamerica, ma gli interessi di un pugno di multinazionali europee e statunitensi?

P.S. Si badi bene che ho tenuto appositamente fuori da questo discorso Cuba, che per i suoi deficit democratici e per la complessità della sua situazione non è immediatamente omologabile al resto del continente, pur essendo anch’essa esposta ad una campagna di “sovra-informazione fuorviante” identica a quella degli altri governi progressisti sudamericani.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cuba e Venezuela rappresentano la punta più avanzata del processo di unificazione dell'Americalatina, grazie alla rivoluzione socialista. Siamo sicuri che ci siano 'deficit democratici' a Cuba? Secondo quali parametri? Chi li ha stabiliti? Perchè mai Chavez dovrebbe moderare il suo entusiasmo? Di quali 'eccessi' parli? Di quelli che danno tanto entusiasmo al popolo venezuelano?

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