LA TIGRE E LA NEVE
Meriti e limiti del nuovo film di Roberto Benigni
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La vicenda è semplice. Attilio (Roberto Benigni) è un poeta che ogni notte sogna Vittoria (Nicoletta Braschi), la donna dei suoi desideri. Quando quest’ultima, recatasi in Iraq insieme al poeta e amico comune Fuad (Jean Reno) per scriverne la biografia, rimarrà ferita ed entrerà in coma, Attilio non esiterà a raggiungerla e a fare di tutto per guarirla.
Di
Ritornano anche in quest’ultima fatica quindi i suoi grandi temi: la gratuità del gesto (sacrificio) d’amore, l’innocenza e/o ingenuità contrapposta all’orrore, la fantasia come via di fuga dalla crudeltà del mondo.
Però non tutto funziona come voluto. La tragedia irachena rimane troppo sullo sfondo, quasi solo pretesto per il nucleo drammatico della vicenda.
Se nella Vita è bella l’innesto tra il nucleo favolistico della trama e l’orrore della Shoah avveniva senza strappi, a causa delle dimensione mitica che la tragedia ebraica ha assunto ormai nell’inconscio collettivo occidentale –una sorta d’archetipo di ogni tragedia della Storia- qui invece il riferimento ad una realtà di scottante attualità come la vicenda irachena rende tutto più problematico. Il rischio di una trattazione superficiale, o addirittura “indistinta” dell’Iraq (in cui appunto lo sfondo può tranquillamente essere cambiato senza intaccare il meccanismo drammatico del film) non è stato evitato e la scelta dell’Iraq lascia spazio a riserve o dubbi. Era necessario ambientare la vicenda nel paese arabo e darne quest’immagine in parte mistificata?
Perché di perplessità sull’immagine dell’Iraq che il film offre, nello spettatore ne rimangono molte. L’orrore dello bombe è quasi inesistente, il protagonista può attraversare
E’ in questo contrasto, in questa natura ibrida che risiede a nostro parere la debolezza principale del film. A ciò si aggiunge anche una minore - rispetto al passato- felicità di invenzione a livello drammaturgico in diversi momenti della vicenda. Ad esempio nella prima parte dove i tentativi di conquista di Vittoria da parte di Attilio (e l’annesso gioco di equivoci), sembrano la brutta copia della lunga parte iniziale de
Ed eccessiva ci pare anche l’insistita naivetè del personaggio, sempre fuori dal mondo e preso soltanto dalla sue fantasticherie poetiche. Detto questo, il film ha comunque qua è là delle buone intuizioni e degli sprazzi di autentica poesia (ne è un esempio la bellissima sequenza riguardante il destino di Fuad). Ma rimane comunque non risolto. Rimane un film estremamente sincero e sentito che lascia tuttavia un senso di non compiutezza e disorientamento.
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