sabato 26 aprile 2008

CALDEROLI E MARTIN LUTHER KING: STATISTI A CONFRONTO



Geniale.

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sabato 19 aprile 2008

FORZA LUGO!


Domani in Paraguay si vota ed il favorito è Fernando Lugo, ex-vescovo progressista candidato per la sinistra del paese. Sarà finalmente la fine di sessant'anni di dominio, prima dittatoriale poi formalmente democratico, dello strossneriano Partito Colorado?

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FINO A QUANDO?

«Questa amministrazione va verso il ventennio leghista, e voi capite che il ventennio è una cosa che mi ricorda il passato, la maschia gioventù che lavorava, faceva il suo dovere e obbediva alle leggi»
Giancarlo Gentilini, ex-sindaco di Treviso, Lega Nord, 16 aprile

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IMMIGRATI, PER FAVORE NON LASCIATECI SOLI CON GLI ITALIANI!



Su una colonna, a Bologna.


Da PeaceReporter.

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giovedì 17 aprile 2008

ITALIA E SPAGNA SEMPRE PIU' VICINE, GRAZIE A BERLUSCONI!

Riporto qui la bella Striscia Rossa dell’Unità di oggi sul nuovo e straordinario corso dato dal neo-premier, alle nostre relazioni diplomatiche con i cugini spagnoli. Grazie Silvio!

«Zapatero ha fatto un governo troppo rosa che noi non possiamo fare anche perché in Italia c’è una prevalenza di di uomini»
Silvio Berlusconi Radio Montecarlo 15 aprile


«Le parole di Berlusconi sono un’offesa. Lui non avrà mai questo problema, perché molte donne non vorrebbero lavorare con un politico che pensa questo delle donne. Noi in molte non entreremmo mai in un governo presieduto da Berlusconi»

Magdalena Alvarez ministro spagnolo delle Infrastrutture, 16 aprile


p.s. Tutto il governo sarà cosi? Facciamo le corna! (...anzi no, che a quello ci pensa già lui..tra l'altro proprio in Spagna...)

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martedì 15 aprile 2008

"UN'OPPOSIZIONE FERMA E RESPONSABILE"

Tra le prime dichiarazioni di Veltroni di ieri, dopo la sconfitta, c’è stato l’annuncio di “un’opposizione ferma e responsabile”.


E chi potrebbe dubitarne?


Come non immaginare un domani, in caso per esempio di abolizione dell’articolo18, il compagno Ichino o il compagno Colaninno (eletti entrambi proprio qui in Lombardia) erigere barricate in Parlamento per difendere i diritti dei lavoratori?

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ITALIA 2008 - LA MORTE DELLA SINISTRA ED IL FALLIMENTO DEL PARTITO DEMOCRATICO

Se c’è una cosa che non sopporto in queste ultime ore di tremenda amarezza per la vittoria di Berlusconi e della Lega - che prefigura un quinquennio peggiore di quello 2001-2006 (quando a smorzare la violenza della politica del cavanserraglio berlusconiano c’era perlomeno l’Udc di Casini) sono i toni soddisfatti dei vari leader del Pd. Di cos’hanno da essere soddisfatti? Secondo me di nulla e basterebbe dare un ‘occhiata ai numeri per capirlo.

Prendiamo come esempio la Camera – ma al Senato le cose cambiano di poco- : nel 2006 l’Ulivo (gruppo unico di Margherita e Ds, embrione dell’attuale Pd) prese il 31,3, la Rosa nel Pugno (che univa radicali - oggi confluiti nel Pd -e Socialisti di Boselli) il 2,6, mentre i vari partiti che ora compongono la Sinistra Arcobaleno sommati tutti assieme il 10,2.
Ieri invece il Pd ha conseguito il 33, 1. Se sommiamo artificialmente al 31,3 dell’Ulivo del 2006 la metà dei voti della vecchia Rosa nel Pugno (ipotizzando che almeno metà di coloro che 2 anni fa votarono la Rosa nel Pugno la votarono per la presenza in essa dei radicali) arriviamo al 32,6. Questo significa, che ad onta dei grandi proclami di Veltroni e soci di inaugurare una nuova stagione politica, l’unione di Margherita e Pd ha prodotto – rispetto a quando i due partiti correvano da soli - un surplus di voti praticamente trascurabile, inferiore allo 0,5 %. Ma c’è di più.
Se si confronta il dato della Sinistra Arcobaleno del 2006 (10,2) con quello attuale (3,1) si nota che quest’ultima ha perso circa un 7% dei voti. Calcolando che l’ 1,2% di questi sono andati ai vari partitini alla sua sinistra (Sinistra Critica, Ferrando ecc…) e ipotizzando un astensionismo di non più dell’1% nelle sue file (legato all’ area più antagonista dell’elettorato storico di Rifondazione) ne consegue che un 5% di elettori della Sinistra Arcobaleno si sono spostati verso il Partito Democratico, nella logica del voto utile.
Questo significa che l’unione dei Ds e della Margherita in unico partito ha nei fatti portato ad una perdita di consenso da parte dei due vecchi partiti nell’ordine del 5%. Perdita compensata solo dallo spostamento verso il Pd di una fetta consistente degli elettori della Sinistra Arcobaleno, dovuto al timore di un nuovo governo berlusconiano. Questo significa, inequivocabilmente, che il progetto del partito Democratico - cioè di un partito unico che unisca “riformisti” post-comunisti e “riformisti” post-democristiani - si è dimostrato in termini elettorali un fallimento completo .

Chi scrive sosteneva un risultato simile da circa due mesi ed ha stressato amici e parenti ripetendosi convinto che purtroppo la sciagurata idea di Veltroni di correre da solo non avrebbe permesso al Partito Democratico di guadagnare neanche un voto al centro, ma avrebbe viceversa ridotto notevolmente il peso della Sinistra Arcobaleno. Se si è poi astenuto dal manifestarlo pubblicamente, è stato solamente per non influenzare negativamente una campagna elettorale che già sembrava più che compromessa. Quello che poi è avvenuto è una tragedia che va ben oltre ogni più nera previsione.
E pone un’ombra tragica sul futuro italiano. Ipotizza cioè la morte di qualunque forza politica fuori dal pensiero unico, che difenda il pubblico contro il privato, che si dichiari anti-liberista, contro la precarietà, contro la guerra, contro i Cpt e la sicurezza eretta a valore fondante dello stato. Non per difendere la Sinistra Arcobaleno - che era nei fatti un cartello elettorale un po’ raccogliticcio, che univa quattro formazioni ancora molto disomogenee e non aveva un grande progetto alternativo per l’Italia – ma è fuori discussione che il dato più preoccupante che consegnano queste elezioni è sicuramente l’americanizzazione dello scenario politico italiano. Da oggi il Parlamento sarà la casa di due uniche forze: una di estrema destra, xenofoba, securitaria e clientelare e un’altra di Centro, di impronta neoliberista ma con qualche sfumatura progressista. Esattamente come avviene da sempre negli Usa, in Inghilterra da una ventina d’anni o nel Cile della Concertación. L’unica speranza è che buona parte degli elettori del Pd, ancora di centrosinistra, che non condividono il progetto veltroniano di un partito interclassista di centro (sorta di nuova Dc laica rivolta a sinistra), sappiano influenzare la rotta del loro partito. Perché - anche alla luce dell’assenza della Sinistra Arcobaleno in Parlamento - viene da dire , parafrasando Nanni Moretti, che con questi leader non solo non vinceremo mai, ma non saremo neanche mai in grado di far l’opposizione.

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EMIGRIAMO?

venerdì 11 aprile 2008

SINVERGÜENZA

Ripubblico qui una foto scattata dall'amico Roberto di Nuova America, a Roma, nella multietnica Piazza Vittorio.
A quanto pare la laida Santanchè, terminato il consueto armamentario xenofobo, ha deciso di scomodare anche la povera Evita Peròn (che si rivolterà nella tomba) per la sua meschinissima campagna elettorale.

In Argentina negli anni '70 si diceva che "si Evita viviera, seria montonera" pensando che la defunta consorte di Peròn, se fosse sopravvissuta, avrebbe combattuto contro la dittatura e i fascisti della Triple A. Cioè proprio contro quella gentaglia che s'ispirava alla medesima ideologia nera a cui s'ispira la squallida Santachè.
Amen.

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LE COMICHE FINALI


Giovedì 10 aprile, a 48 ore dal voto. Berlusconi a Vespa, tendendogli la mano "Venga Vespa, odori qui: non sente odore di santità?...".

C'è qualcos'altro da aggiungere per gli elettori indecisi?

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giovedì 10 aprile 2008

PENSIERO DEBOLISSIMO

La notizia la conoscete tutti: Gianni Vattimo, il filosofo teorico del pensiero debole è da oggi il primo (e ancora unico fortunatamente!) firmatario di una petizione contro la protesta dei monaci buddisti in Tibet e – nello specifico - contro il presunto “attacco mediatico occidentale” mirante ad occultare (sic!) quanto realmente sta avvenendo in Cina. Attacco mediatico che – secondo l’appello – si configurerebbe come una «versione aggiornata del piano imperialista inglese contro la Cina».

Si potrebbe rispondere in tanti modi a queste affermazioni. Per esempio scomodando le denunce e le inchieste di associazioni per i diritti umani paludate e attendibili come “Amnesty International” o “Human rights Watch”.

Ma probabilmente non ne vale la pena. Forse la cosa migliore è porsi l’unico interrogativo sensato in questo frangente: qualcuno avrà avvertito il filosofo Vattimo che negli ultimi vent’anni la Cina, da autoritario regime comunista si è trasformata nel più rapace paese imperialista della terra, alfiere di un neoliberismo ancora più selvaggio di quello dei vituperati Stati Uniti?


p.s. Dimenticavo: tra le altre motivazioni anti-Tibet e pro-Cina addotte da Vattimo vi è il fatto che il Tibet sia un paese “teocratico” – ancorché democratico – dove l’autorità civile e quella religiosa non sono rigorosamente distinte. Nulla da eccepire: spero anche io che un futuro Tibet indipendente sia in grado di secolarizzarsi al più presto.
Ma Vattimo sarebbe disposto un domani a fare lo stesso discorso di fronte a un' ipotetica invasione statunitense della teocraticissima – e per nulla democratica – Repubblica islamica dell’Iran?

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MA PERCHE' IL TG1 NON MANDA ME AL POSTO DELLA MAGGIONI A INTERVISTARE IL MARITO DI INGRID BETANCOURT IN COLOMBIA?

Ieri sera, tornato a casa dalla bella presentazione di “Sotto pressione”, libro sulle violazioni della libertà d’informazione in Colombia, ho accesso distratto la televisione prima di andare a dormire. E mi sono imbattuto su un servizio del Tg1 di Monica Maggioni da Bogotà. Mi sono immediatamente domandato che cosa ci facesse la Maggioni – di solito inviata di guerra (tendenzialmente embedded) in Medio Oriente – in un paese del Sudamerica, di cui non mi risultava fosse specialista.
In ogni caso il servizio consisteva di fatto in un’intervista al marito di Ingrid Betancourt. La domanda principale dell’intervista era se Ingrid Betancourt avesse mai – nei sei anni di prigionia – fatto avere sue notizie al consorte. Domanda alla quale, il marito della Betancourt ha risposto con molto cortesia ricordando la lettera della moglie dello scorso novembre - lettera che in Italia è stata addirittura pubblicata da un editore come Garzanti (mica Kaos Edizioni o Derive Approdi). Ma d’altronde la Maggioni perché mai avrebbe dovuto esserne a conoscenza: in fondo era soltanto inviata speciale in Colombia!
Ma al di là di questo mi domando: cosa voleva sentirsi rispondere alla sua bella domandina la fulva inviata del Tg1? Forse che Ingrid manda ogni giorno dalla selva messaggini con scritto TVTB al marito?
Che razza di domanda è chiedere al marito di una persona sequestrata da 6 anni se riceve direttamente notizie dalla consorte? Che notizie potrà mai ricevere? C’è bisogno di spendere copiose quantità di denaro pubblico per mandare in Colombia una giornalista che nulla sa di Colombia a fare domande così cretine? Soprattutto perché mandare lei quando in realtà la Rai avrebbe degli altri validissimi giornalisti come Silvestro Montanaro (che recentemente ha realizzato uno stupende reportage dal paese andino) o Raffaele Fichera, corrispondente a Buenos Aires?
Quanti di noi avrebbero potuto fare un lavoro più valido, rivolgendo domande più sensate al consorte della Betancourt, della rampante prima donna del Tg1?

Ancora una volta a chi giova quest’informazione sciatta e superficiale su un argomento complesso e difficile come la guerra civile colombiana? A che gioco gioca il mediocrissimo Tg1 di Gianni Riotta?

Magari qualcuno un po' più maligno di me, una risposta a questo interrogativo ce l’avrebbe anche...

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martedì 8 aprile 2008

PRESENTAZIONE DI "SOTTO PRESSIONE. IL GIORNALISMO IN COLOMBIA PRIGIONIERO DI GUERRIGLIA, NARCOTRAFFICO, PARAMILITARI E GOVERNO" A MILANO

Approfitto nuovamente di questo spazio per un’importantissima segnalazione: la presentazione domani sera alle 20.30a Palazzo Isimbardi a Milano (via Vivaio 1) del libro “Sotto pressione” sulla disastrosa situazione della libertà di informazione in Colombia, curato dagli amici di Selvas insieme a Information, Safety and Freedom e l’associazione Traduttori per la pace. Ospite della serata sarà il giornalista colombiano Hellman Morris e verrà proiettato uno stralcio di un documentario tratto dalla serie “Contravia”.
Altri ospiti dell’incontro, oltre ai curatori Martin E. Iglesias e Stefano Neri, saranno l’ On. Tana De Zulueta, Vicepresidente della Commissione Affari esteri e comunitari, Irma Dioli, Assessore alla Pace, Partecipazione e Cooperazione internazionale della Provincia di Milano e il giornalista Rai e presidente di ISF Stefano Marcelli.


Io ci sarò e invito tutti voi a venire. A questo link la scheda del libro. Qui sotto la locandina dell’evento.

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venerdì 4 aprile 2008

BOLIVIA, VERSO LA SECESSIONE?

A un mese esatto dall’incostituzionale referendum sullo statuto autonomista del prossimo 4 maggio, l’establishment cruceño ha deciso di alzare nuovamente la posta in gioco nello scontro contro il governo di La Paz.
E’avvenuto l’altro ieri nel corso di un’affollatissima (ahimè) manifestazione tenutasi al Parque Industrial di Santa Cruz de la Sierra. In mezzo a un tripudio di bandiere verde-bianco-verde, Ruben Costas, prefetto dissidente della città orientale, ha affermato coram populo che in caso di vittoria del sì nella consultazione, il governo dipartimentale della regione promulgherà una lunga serie di decreti per scavalcare le leggi e le direttive che arrivano dal Palacio Quemado.
Si comincerà con uno “sciopero fiscale” sui generis: l’IDH, l’imposta sugli idrocarburi voluta da un referendum promosso da Mas e movimenti sociali nel 2004, rimarrà in loco, negando il finanziamento de la Renta Dignidad, la pensione di vecchiaia universale istituita coraggiosamente mesi fa dal governo.
Quindi si procederà a un superamento della proibizione di esportare l’olio, misura recentemente adottata da Morales per proteggere il fabbisogno interno e combattere la speculazione. A seguire si darà il via a una serie di promesse di forte impatto popolare per le classi subalterne di Santa Cruz (perché nessuno le chiama populiste questa volta?), finanziate dalla futura autonomia fiscale e dal mantenimento in loco dell’IDH: un piano di edilizia popolare, aumenti salariali, un assicurazione sanitaria dipartimentale. Il tutto grazie a «los recursos que [el departamento] va a recuperar». Con buona pace del pauperimmo resto del paese, ovviamente.

Il carattere eversivo di queste proposte è sotto gli occhi di tutti. All’origine vi è il rifiuto di prender atto della bocciatura del referendum da parte della Corte Nazionale Elettorale di qualche settimana fa’. Il presidente di quest’ultima, Jose Luis Exeni, noto anche per la sua attività di blogger, ha infatti fatto cadere entrambe le consultazioni che erano in programma: quella “governativa” sul nuovo progetto costituzionale – per l’assenza di un clima adatto – e quella autonomista - per la sua palese incostituzionalità. Ma mentre l’oficialismo ha accettato di buon grado il verdetto della Corte, l’oligarchia cruceñista non si è rassegnata e ha deciso di portare avanti il referendum, costi quel che costi. Anche se a difenderlo – come abbiamo ricordato qui – dovranno essere le ronde neonaziste dell’UJC, la Forza Nuova locale. Il tutto mentre qualcuno continua a vedere nella cricca cruceñista la vera Bolivia democratica, ostaggio del populismo nazionalista (sic!) del governo indigenista di La Paz.

E così nell’indifferenza dei grandi media internazionali, la Bolivia, a due anni dall’elezione di Morales assomiglia sempre più al Cile pre-golpe del ’73. Pochi giorni fa un massiccio sciopero dei sindacati degli autotrasportatori – alleati a doppio filo con l’oligarchia agroesportatrice di Santa Cruz – ha paralizzato il paese, in maniera non dissimile a quanto accadde nei giorni della morente Unidad Popular cilena.
E non finisce qui. La tensione cresce infatti in tutti i dipartimenti governati dai prefetti “autonomisti”, così come a Sucre dove un pretestuoso e strumentalizzatissimo conflitto sulla Capitalia (da riportare nella vecchia ciudad blanca togliendola all’”usurpatrice” La Paz) crea non pochi grattacapi al gabinetto Morales e non pochi disordini e violenze.
Inoltre la guerra di spie scoperta qualche settimana fa’ (gli Stati Uniti pagavano studenti e borsisti nordamericani per spiare cittadini venezuelani e cubani nel paese) ha rivelato che le oscure manovre della diplomazia Usa in Bolivia non sono mai finite – anche se forse ora hanno meno incidenza che in passato.
Infine non dovrebbe rappresentare un segreto per nessuno l’evidente simpatia per gli autonomisti di tutte le multinazionali degli idrocarburi che operano nel paese, per le quali una vittoria della fronda anti-Morales potrebbe significare un rapido ripristino della situazione anteriore all’insediamento del presidente indio.

Tuttavia, come già detto altre volte, la scelta di questa strategia autonomistico-secessionista è già di per sé un ripiego. E’indubbio che fino a dieci anni fa, quando l’ortodossia del Washington Consensus non era ancora stata intaccata dal vento progressista che spazza da anni il vecchio “cortile di casa”, la situazione boliviana sarebbe stata risolta nel più classico dei modi: con un golpe militare, finanziato ad altre latitudini. Ma di questi tempi come ha detto los tesso Evo Morales tempo fa, gli autonomisti “bussano alle porte delle caserme, ma i militari hanno [...] un'altra mentalità”. Anche perché la mutata situazione internazionale – comprensiva di minacce del Venezuela di Chávez di vietnamizzare la Bolivia in caso di rovesciamento di Morales- funge da valido deterrente. Ma non scaccia gli spettri di una crisi di difficilissima soluzione. Nè quelli di una vera “balcanizzazione” del paese. Prospettiva rispetto alla quale la recente e scellerata proclamazione unilaterale di indipendenza da parte del Kosovo, potrebbe fungere da pericolosissimo precedente.

Insomma gli ingredienti per rendere nuovamente la Bolivia la polveriera del Sudamerica ci sono tutti. L’unica speranza è che la volontà distruttiva di qualcuno degli attori in campo (la destra moderata che spalleggia l’oltranzismo di Marinkovic e soci) venga meno prima della catastrofe.

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mercoledì 2 aprile 2008

ROM, FOLGORATI SULLA VIA DI DIONIGI

Vi ricordate Andrea Galli, il cronista del Corriere (di cui abbiamo parlato qui settimana scorsa) che inventava di sana pianta l’esistenza di masse inferocite di cittadini della Bovisa contro la presenza dei Rom in quartiere?
Bene oggi, sempre sul Corriere, il buon Galli scrive due articoletti mielosi in cui si intenerisce per la misera sorte dei poveri Rom, costretti ad emigrare di campo in campo da anni, sotto l’azione delle ruspe e della polizia. Folgorato sulla via di Damasco? No, folgorato sulla via di Dionigi. Ovviamente Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano, che ieri ha scritto una nota durissima contro lo sgombero definitivo del campo Rom di via BovisaSca, parlando esplicitamente di violazione dei diritti umani e non facendo rimpiangere ai cittadini milanesi, una volta tanto, il buon vecchio cardinal Martini, “pre-pensionato” anni fa’ dal Vaticano, con il solito promeatur ut amoveatur.
E allora il buon Galli, con la coda tra le gambe, si adegua. E abbandona Salvini per salvarsi l’anima – o meglio la patente di ateo-devoto, fondamentale in Italia per far carriera. Tutto questo però ha un nome preciso: Ipocrisia. Ed anche lautamente pagata. Ma fintanto che la diocesi di Milano, mantiene un po’ di indipendenza da Ratzinger e Ruini e condanna lo squallore della politica di De Corato e soci, forse è meglio così.


P.s. Un’altra chicca dal Corriere. A pag 20, a fianco dell’articolo di Galli, Elvira Serra intervista il filosofo Reale, il quale afferma, a proposito della questione Rom, che bisogna farla finita con il buonismo, perché tanto con i Rom non c’è alcuna possibilità di "communicatio idiomatum". A, Professò, ma se per una volta abbandona il "latinorum" e l’iperuranio e viene a dare un’occhiata di persona al Campo Rom? Guardi, non dubito che con tutti i suoi titoli accademici, vedendo le cose di persona come Galileo nel cannocchiale, magari possa capire qualcosa in più anche lei…

P.p.s L’ottimo intervento della Curia milanese ha avuto il suo effetto nel Belpaese dei baciapile: lo sgombero della Bovisasca è finito in prima pagina sul Corriere ed è stato sviscerato dall’Avvenire, da Repubblica ecc..... E tutti hanno cambiato accento, passando dall’indignato all’accorato.

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martedì 1 aprile 2008

LO SGOMBERO DEL CAMPO ROM DELLA BOVISA E LA FABBRICA DEL CONSENSO DELLE DESTRE

E’finita come (quasi) tutti si aspettavano e sapevano. Questa mattina il campo Rom di via Bovisasca è stato sgomberato definitivamente.
Si è trattato di uno sgombero “gentile”: i pochi Rom rimasti nel campo malgrado la campagna di terrorismo psicologico degli ultimi giorni, hanno deciso spontaneamente, dopo una trattativa con le forze dell’ordine, di abbandonare il campo prima che le ruspe entrassero in azione, riuscendo così a portar via le proprie cose.

Alla fine il Prefetto ha, a quanto pare, ceduto alle pressioni dell’amministrazione comunale e autorizzato lo sgombero di ciò che rimaneva del campo. Il vicesindaco De Corato (An) ha ottenuto quello che voleva: frenare l’emorragia dell’elettorato di destra della zona verso La Destra di Daniela Santanchè, protagonista nei giorni scorsi di un disgustoso e patetico tentativo di strumentalizzazione della vicenda. Forse uno sgombero “lacrime e sangue” sarebbe stato più produttivo da un punto di vista elettorale, ma così facendo prefetto e amministrazione comunale hanno salvato capra e cavoli, accontentando tutti. Tranne i Rom, s’intende.

Dove andranno i Rom ora è difficile dirlo. Sicuramente si accamperanno in altre zone della città e la giostra ricomincerà, palesando un’altra volta l’inutilità e la controproducenza dei cosiddetti sgomberi ciechi, gli sgomberi condotti senza alcuna soluzione alternativa al disagio abitativo dei cittadini Rom. Si parla di una possibile sistemazione di donne e bambini - con conseguente smembramento dei nuclei famigliari - nei dormitori dell’emergenza freddo di via Saponaro, viale Ortles e via Barzaghi, lasciati liberi da ieri (31 marzo) dai rifugiati politici. Ma per ora nessuna proposta concreta è arrivata in questo senso. E i volontari delle associazioni che negli ultimi mesi hanno lavorato nel campo, tamponando come potevano le varie emergenze umanitarie, si sentono sonoramente presi in giro.

Per chi scrive però sarebbe un errore addebitare tutto questo a un’incapacità politica da parte dell’amministrazione comunale di Milano. La politica degli sgomberi ciechi che sta facendo “ballare” in giro per la città qualche migliaio di Rom ormai da diverso tempo – nella “beata” indifferenza della provincia di centrosinistra - non è frutto di un’incapacità di risolvere il problema, ma di una precisa strategia politica. Mantenere il problema insoluto equivale ad avere sempre una questione Rom da strumentalizzare, da cavalcare demagogicamente per conquistare voti e consenso, facendo leva sulle paure dei cittadini e sulla cosidetta insicurezza percepita (che come tutti sanno è cosa ben diversa da quella reale). Mandare in giro i Rom di campo in campo, di quartiere in quartiere, serve per conquistare sacche di consenso nelle varie zone toccate dal problema e rinsaldare così il “fronte interno” E poco importa se questo gioco al massacro si gioca sulla pelle di donne, uomini, bambini che vivono nella più assoluta precarietà. Perché tanto poi ci penserà la vulgata razzista spacciata a reti unificate e nutrita di tutti i luoghi comuni possibili e immaginabili a cacciar via ogni preoccupazione d’indole umanitaria.

E così si va lentamente verso il peggio, tra il cinismo di pochi e l’indifferenza dei più.

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IL CORRIERE DELLA SERA E IL RAZZISMO CONTRO I ROM

Lo so, la notizia è vecchia, ma io ne sono venuto a conoscenza solo ieri, mente cercavo un link per il post sullo spettacolo dell’artista Rom Dijana Pavlovic organizzato dalle associazioni della Bovisa per stasera, 1 aprile (senza peraltro trovarlo). Ed è in questo modo che mi sono imbattuto in questo tutt’altro che meritorio articolo del Corriere, che parla della candidatura di Dijana alle prossime elezioni nelle fine della Sinistra Arcobaleno, in questi termini:

“Dopo la pornostar Cicciolina, il transgender Luxuria, arriva una nuova candidatura provocatoria per il parlamento italiano: la zingara”.

L’articolo, a firma Nino Luca, dopo questa “sfolgorante” apertura prosegue con una sfilza di banalità, luoghi comuni e stereotipi razzisti («31 anni, non ha figli. Strano per una rom») che rispiarmo al lettore – ma se qualcuno ha voglia di deliziarsi con queste genere di volgarità, trova il pezzo a questo link.

Non vorrei far la parte del polemico o di quello che se la prende a priori con la stampa mainstream, (ne tantomeno difendere la Pavlovic per partigianeria o amicizia), ma quale definizione trovereste voi per la frase di cui sopra, se non “razzismo”? E soprattutto è degno un articolo di tale fatta di essere pubblicato sull’homepage del Corriere per ore, come è avvenuto una ventina di giorni fa’? Cui prodest quest’informazione biecamente e torbidamente razzista?

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"NOI NON SIAMO PAGATI PER PENSARE"

Questa mattina, come tutti temevamo e sapevamo è stato sgomberato definitivamente il Campo Rom della Bovisa. Avrò modo di tornare sui nodi politici della vicenda. Per ora basti una nota di “colore”. Stamattina alle 7 mentre assistevo all’emoragia dal campo dei Rom, ho sentito dire, a uno dei capi dei carabinieri che bloccavano l’accesso a giornalisti e cittadini – lamentandosi della polizia schierata all’altro lato: «Noi non siamo pagati per pensare, noi siamo pagati per operare, sono loro che sono pagati per pensare, non noi.» Non aggiungo altro.

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