martedì 3 aprile 2007

SANTO MAI. PAPA WOJTYLA E L'AMERICA LATINA

Nel chiudere la prima fase della causa di beatificazione di Papa Wojtyla, il cardinal Camillo “Eminence” Ruini ha adotto come motivi della richiesta di canonizzazione, la grande difesa della vita e della libertà da parte del defunto pontefice.
Belle parole certo e che sortiscono il loro effetto.
Ma di quale vita e quale libertà parla Ruini?

Forse della vita e della libertà delle migliaia di cileni uccisi, imprigionati, torturati, straziati dalla polizia di Munuel Contreras al servizio del sanguinario generale Augusto Pinochet, a fianco del quale Wojtyla si fece fotografare al balcone della Moneda?

«E l’uomo bianco scese dal cielo/ ma era al di là delle barricate/ E l’uomo in bianco vide la morte / Ma era al di là delle barricate» cantavano i Liftiba quasi vent’anni fa, quando Giovanni Paolo II in visita a Santiago si limitava a vaghi auspici di una democratizzazione del Cile e solidarizzava con la giunta militare – più tardi avrebbe espresso solidarietà al "povero" Pinochet, inquisito nel 1998 dal giudice spagnolo Baltasar Garzón.

O forse quella dei trentamila desaparecidos argentini, gettati a morire nel Rio de la Plata o nello Stretto di Magellano, mentre la Chiesa cattolica andava a braccetto con la dittatura fascista di Videla e Massera, di cui il nunzio apostolico Pio Laghi (alla morte di Wojtyla considerato nientemeno che quinto elemento papabile) era addirittura intimo sodale e compagno di tante partite di tennis?

O forse ancora quella delle centinaia di preti (!) guatemaltechi uccisi negli anni della dittatura di Ríos Montt, che la Chiesa Cattolica fece finta di non vedere per ottenere l’appoggio di Washington e di Reagan nella lotta contro i regimi comunisti dell’Est?

Oppure quella delle centinaia di vittime degli squadroni della morte del generale D’Aubisson in Salvador (il cui motto era Haga patria, mate un cura cioè «Sii patriottico, ammazza un prete»), proprio quelli che Oscar Romero aveva documentato in un voluminoso dossier che portò a Roma dal pontefice, poco prima di essere barbaramente ucciso nel 1980, sentendosi rispondere soltanto che non doveva inimicarsi il governo salvadoregno?

O ancora quella delle migliaia di cittadini nicaraguesi uccisi dalle contras che la banca vaticana finanziava attraverso il discutibile e discusso banchiere Marcinkus, a cui il nostro caro papa accordò sempre fiducia fino al 1989, malgrado tutti i sospetti di coinvolgimento nell’omicidio Calvi e nel caso Sindona?

L’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma la questione è una sola: lo vogliamo riconoscere una volta per tutte che Wojtyla, almeno per la prima meta del suo pontificato, è stato se non complice perlomeno compiacente nei confronti di alcuni dei peggiori criminali e massacratori dell’ ultimo quarto del secolo scorso?
Debole con i potenti e potente con i deboli Wojtyla strinse la mano ad Augusto Pinochet Ugarte, il più grande criminale della storia dell’America Latina e puntò invece l’indice contro il religioso Ernesto Cardenal, perché in nome di quel Cristo in cui credeva, aveva ritenuto giusto sostenere la rivoluzione sandinista e le sue prospettive di democrazia e giustizia sociale per milioni di nicaraguesi.

Certo dopo la caduta del muro di Berlino Wojtyla in parte cambiò, si rabbonì, disse anche parole coraggiose contro la mafia o la guerra in Iraq. Fece passi avanti verso l’ecumenismo e il dialogo tra le religioni, pur continuando nella sua politica di controriforma del Concilio Vaticano II, attraverso l’accentramento e il rafforzamento del potere del pontificato e la repressione di ogni dissenso o critica interna. Ma quelle pagine tremende di appoggio a dittature spietate e sanguinarie non si possono cancellare certo con un colpo di spugna.

E a voi tutto questo sembra in odore di santità?

5 commenti:

Barbara Tampieri ha detto...

Che dire, sottoscrivo ogni parola. Non mi si venga a dire che era "costretto" a stringere certe mani.
Romero fu liquidato con quella famosa frase, che lo fece uscire in lacrime dal Vaticano.
E poi mi piacerebbe sapere, per pura curiosità, cosa sapeva GP2 della morte repentina del suo predecessore, quel Papa Luciani che secondo alcuni morì con in mano l'organigramma dello IOR da licenziare in tronco il giorno successivo.

dottorTroy ha detto...

Ebbene si, è proprio così che vanno le cose...

Eliolibre ha detto...

Disse anche che il capitalismo non è un sistema adatto all'uomo, ma questo non lo assolve. Però la Chiesa fa bene a farlo santo, mi preoccuperebbe il contrario. Io non amo i santi e non ho mai amato Wojtyla, santo o no è stato un formidabile strumento di anestetizzazione delle coscenze.

Luca ha detto...

Alla riflessione che poni alla fine, dico che nel personale la santità e cosucce varie sono termini da parrucchiera.
Discorso religioso a parte, Wojtyla rappresenta la Chiesa; e di certo non si poteva sottrarre ai giochetti politici che essa orchestra.

AnnalisaM. ha detto...

Sottoscrivo anche io ogni parola, e mi sembra che il suo successore non sia da meno, le dittature latinoamericane forse non ci sono più, ma la Chiesa sta sempre dalla parte sbagliata.

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