venerdì 15 febbraio 2008

DA ALAN GARCÍA A HUGO CHÁVEZ, QUANTO E' CAMBIATO L'ATTEGGIAMENTO DELLA "SOCIALDEMOCRAZIA" EUROPEA VERSO IL SUDAMERICA!

Quando più di vent’anni fa nel 1985 Alan García andò al potere in Perù, era l’ “idolo” della socialdemocrazia europea, da Craxi a Felipe Gonzales. Era giovane (a 36 anni il più giovane presidente della repubblica sudamericana), colto, aveva studiato all’estero, la sua retorica incantava i peruviani durante i celebri balconazos. Soprattutto era fautore di una politica eterodossa nei confronti del Fondo Monetario Internazionale e credeva, a ragione, che se il Perù non avesse rallentato i pagamenti al grande organismo monetario e non si fosse allontanato dal piano di aggiustamento strutturale che invece il suo predecessore Balaunde aveva seguito pedissequamente, il Perù non si sarebbe mai rialzato dalla recessione

Conobbe il suo trionfo nel giugno del 1986, quando il congresso dell’Internazionale Socialista si tenne proprio a Lima ed egli, per non rovinarsi la festa con i suoi omologhi europei, diede probabilmente carta bianca ai suoi generali per reprimere con la violenza alcune rivolte carcerarie senderiste che avrebbe potuto offuscare il ritorno di immagine del vertice – furono i massacri di El Frontón, Lurigancho e Santa Barbara, i più gravi del suo primo mandato.
Fu a quei tempi, quando per l’opinione pubblica mondiale era l’astro nascente della sinistra sudamericana, che Alan García, per far fronte alla scarsità di latte e al rincaro del suo prezzo nel paese, nazionalizzò la leche Gloria, l’azienda casearia nazionale peruviana, di proprietà della Nestlè (che ovviamente rispose per le rime). Fu una decisione importante e coraggiosa, una delle tante prese dal presidente peruviana in quel primo scorcio del suo mandato, prima che molte sconfitte e ed una corruzione dilagante finissero per ammorbidire la sua politica sino a tornare nei canoni dell’”ortodossia”, in mezzo alla più grande crisi economica recente della storia del Perù. Una fine ingloriosa lontana dalle premesse e dalle aspettative del primo bennio (1985-1987) del suo governo. Quel primo biennio del suo mandato, il cui esperimento eterodosso riuscì a portare effettivi – ancorché effimeri - benefici al Perù (una notevole ripresa economica) e garantì al mandatario peruviano, una stima senza eguali nell’ambito socialdemocratico europeo.

Vent’anni dopo la storia si ripete, con protagonisti diversi e con alleanze completamente cambiate. Un governo, quello venezuelano - di cui ovviamente si può dire tutto e il contrario di tutto - traccia da un decennio (dal 1998) la strada per i paesi che hanno deciso di non riconoscersi più nella politica dell’ortodossia fondomonetarista, degli aggiustamenti strutturali e delle privatizzazioni ad ogni costo. Lo fa con molta più costanza e convinzione dell’Alan García di vent’anni fa ed ottenendo risultati – almeno per ora – decisamente confortanti: crescita intorno al 10%, sanità pubblica e gratuita per tutti, scomparsa pressoché totale dell’analfabetismo, inclusione sociale. Ma non gode assolutamente, presso gli ambienti bene della socialdemocrazia europea, di un decimo dei favori di cui godeva, con le stesse parole d’ordine, il vecchio Alan Garcìa – ora peraltro trasformatosi in arcicorrotto fondamentalista neoliberale.
E proprio in questi giorni, alla stregua di quel lontano 1986 in Perù, il Venezuela si trova a dover far fronte alla scarsità di latte. Prospettiva per scongiurare la quale, Chàvez minaccia di nazionalizzare gli stabilimenti venezuelani della Parmalat e della Nestlè (ancora la Nestlè!), per mettere fine alla loro politica speculativa. Nestlè e Parmalat infatti si avvantaggiano dei “bassi costi di produzione” venezuelani per poi esportare il latte all’estero, lasciandone privo il mercato interno. E soprattutto ostacolando la produzione delle imprese statali e delle cooperative venezuelane.

Chávez per ora minaccia, ma esproprierà davvero? Difficile dirlo. Molto probabilmente troverà un accordo, esattamente come è accaduto, malgrado i toni forti usati da ambo le parti, nel campo estrattivo, dove - complici gli alti prezzi del greggio attuale - quasi tutte le multinazionali hanno accettato le nuove condizioni poste del governo (il caso attuale della Exxon è fortunatamente – ancora – poco più che un’eccezione).
Ma in ogni caso la sua minaccia, ancora non concretizzatasi, viene vista e descritta da tutti i media internazionali come l’ennesima offensiva statalista e non trova alcun appoggio internazionale fuori dall’America Latina – come del resto tutta la sua politica.

La socialdemocrazia europea che vent’anni fa coccolava Alan Garcia quando portava avanti – e non minacciava soltanto – gli stessi provvedimenti, ora descrive il governo venezuelano come statalista e populista. Che cosa ha fatto cambiare così tanto opinione su medesime soluzioni economiche, riproposte peraltro oggi in maniera molto più moderata? Un altro esempio può chiarire meglio di cosa parliamo.

Nel 1987 Alan García nazionalizzò a sorpresa l’intero sistema bancario peruviano. Fu un’operazione condotta male e che probabilmente fu causa del successivo tracollo finanziario del Perù – Alan García peraltro fece retromarcia l’anno successivo.
Vent’anni dopo esatti Chávez ha riproposto una manovra simile, benché molto più oculata, (la nazionalizzazione della banca centrale) e l’ha sottoposta però a referendum popolare – dimostrando quindi maggior prudenza dell’Alan García degli anni ottanta. Perso il referendum l’ha accantonata.
Viene da chiedersi: chi dei due è l’estremista, chi il moderato? Chi è il socialdemocratico e chi lo statalista?
Perché la socialdemocrazia che all’epoca sosteneva l’interventismo un po’ disordinato di Alan García oggi si dissocia e si distingue da quello tutto sommato moderato di Chávez? Cosa è successo e cosa è cambiato nel frattempo, nella socialdemocrazia europea? Perché ciò che vent’anni fa appariva riformista e socialdemocratico, oggi viene descritto come massimalista?

E’ probabile che nella risposta a queste domande – molto retoriche e volutamente provocatorie - stia non già la soluzione dei problemi cronici dell’America Latina, ma quasi sicuramente qualche buona indicazione sulle ragioni della crisi irreversibile della socialdemocrazia europea.

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6 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che non si puo proprio parlare di socialdemocrazia oggi in Europa. Forse si puo parlare di liberali di sinistra, ma già questo è tanto visto le politiche economiche che propongono.(ovviamente scluso qualche caso nel nord europa)
Poi sicuramente conta tanto nella diversa percezione dei fenomeni la diversa situazione geopolitica e la corsa alle risorse

Anonimo ha detto...

Un bel post. Mi consola leggere che qualcuno dice ancora cose ragionevoli su Chavez e la sinistra sudamericana

kuki

Anonimo ha detto...

Ormai definire la parola socialdemocrazia in Europa è piuttosto difficile.Tutti alla ricerca di soldi e benessere,tutti alla ricerca di audience,populismo,cose effimere,si è perso completamente e forse irreversibilmente il senso della misura e la cognizione di quello che possono essere altre realtà come quelle dell'America Latina.Complimenti a questo Blog, a Gennaro Carotenuto e altri che ancora ci informano su quello che succede veramente.

Camminare domandando ha detto...

x Sparkaos: sostanzialmente condivido, non a caso ho messo la parola socialdemocrazia tra virgolette...

x Kuki e Anonimo: vi ringrazio. Anchio credo che sia in parte il "benessere" (nella sua eccezione peggiore) che spinge a destra e modifica la percezione occidentale dei fenomeni socio-politici extraeuropei, fino a descrivere come assurdo ciò che solo vent'anni fa, appariva normalissimo e forse auspicabile...

Roberto ha detto...

oggi compro LATINOAMERICA, sfoglio l'indice e..il signor camminare domandando. il dibbio che non fossi tu e non un omonimo è subito fugato dalla lettura dell'aricolo.
complimenti
Roberto

Camminare domandando ha detto...

Roberto, ti ringrazio. Anche se a causa del tempo intercorso prima della pubblicazione alcune cose possono essere state in parte superate dai fatti, spero di essere riuscito a restituire l'"atmosfera" di Santa Cruz. A presto

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