CASERTA - POCHE CERTEZZE E QUALCHE (BUON) PROPOSITO

Scorrendo l’elenco delle priorità, ciò che si fa notare per prima cosa, sono le assenze, più che le presenze. Via la riforma delle pensioni, derubricata e differita a data da concordarsi. Via la Tav, anch’essa rimandata a futuri e non radiosi giorni. E subito s’odono a destra squilli di tromba: «la coalizione è ostaggio della sinistra radicale». Davvero? Semmai la coalizione è ostaggio (ma neanche poi troppo), del suo voluminoso programma, proprio quello in base al quale ha ricevuto un mandato a governare. Programma nel quale non si parla né di riforma previdenziale, né (se non in maniera genericissima) di Tav.
Ma dietro a questo rimando sine die di previdenza e Tav, purtroppo non c’è il richiamo alla lettera del Programma. Quanto, invece, la volontà di evitare inutili dissidi tra radicali e moderati.
E difatti ecco che tra le assenze troviamo anche Pacs e legge elettorale - temi ben presenti, quest’ultimi, nel programma. Ma anche qui meglio evitare il solito conflitto laici vs teodem che già infinti fastidi addusse alla coalizione.
Ecco allora che il bell’elenco snocciola al primo posto Ricerca e Istruzione (non si sa con quali fondi e con l’oscura minaccia di una riforma della scuola in chiave aziendalistica) e poi a seguire apertura dei mercati e difesa del consumatore, semplificazione amministrativa e riduzione dei tempi della giustizia, potenziamento delle infrastrutture, difesa dell’ambiente e sviluppo delle energie rinnovabili, federalismo fiscale. Ma anche generiche aperture ad un maggiore equità sociale, ad un rilancio del welfare e all’apertura di un confronto con le parti sociali.
Si parla poi tanto anche di sviluppo del Mezzogiorno, per il quale dovrebbe partire uno stanziamento di 100 miliardi. Un gruzzolo non trascurabile (tre volte l’importo dell’ultima finanziaria), a patto che non finisca nelle mani sbagliate.
Dietro al potenziamento delle reti ferroviarie al Sud s’intravede tra l’altro la possibilità di un intervento della nuova costituenda società che fa capo a Montezemolo e Della Valle. Il che non è dato sapere se sia una buona o una cattiva notizia, malgrado il plauso incondizionato del ministro Bersani a cui non par vero di poter ricucire così lo strappo con Confindustria.
Fin qui i punti in agenda. Ma Caserta è stato anche altro. E’ stato l’ennesimo luogo di scontro tra riformisti e radicali. Quel riformismo che a destra e a (centro)sinistra si continua ad invocare, lacerandosi le vesti per la sua presunta assenza – con tanto di fughe dei Nicola Rossi di turno. Che cosa sia, questo riformismo non è facile dirlo. L’unica definizione che se ne può dare è quello a contrario. Riformismo come opposto di radicalismo, massimalismo.
Senonché in Italia

In quest’ottica sì, si può dire che il cavanserraglio dei riformisti light abbia subito una battuta d’arresto a Caserta. La scelta di non affidare la cabina di regia delle liberalizzazioni al buon Rutelli, alfiere del neo-centrismo tutt’interno alla coalizione, marca la volonta del premier di non favorire la componente moderata su quella radicale, facendosi egli stesso portavoce della necessaria sintesi tra le due anime della coalizione. Il buon Rutelli dovrà rassegnarsi (si fa per dire) a fare solamente il ministro della Cultura – compito peraltro che gli riesce, a quanto pare, con scarsissimo successo.
Questo è probabilmente il segnale più importante che viene da Caserta – il freno a una tentazione neo-centrista dell’Unione (Pacs a parte ovviamente). Il resto sono (quasi tutte) buone intenzioni che solo la prova dei fatti potrà confermare o smentire.
(Articolo scritto per la rivista on-line Fusi Orari, www.fusiorari.org)
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