venerdì 4 aprile 2008

BOLIVIA, VERSO LA SECESSIONE?

A un mese esatto dall’incostituzionale referendum sullo statuto autonomista del prossimo 4 maggio, l’establishment cruceño ha deciso di alzare nuovamente la posta in gioco nello scontro contro il governo di La Paz.
E’avvenuto l’altro ieri nel corso di un’affollatissima (ahimè) manifestazione tenutasi al Parque Industrial di Santa Cruz de la Sierra. In mezzo a un tripudio di bandiere verde-bianco-verde, Ruben Costas, prefetto dissidente della città orientale, ha affermato coram populo che in caso di vittoria del sì nella consultazione, il governo dipartimentale della regione promulgherà una lunga serie di decreti per scavalcare le leggi e le direttive che arrivano dal Palacio Quemado.
Si comincerà con uno “sciopero fiscale” sui generis: l’IDH, l’imposta sugli idrocarburi voluta da un referendum promosso da Mas e movimenti sociali nel 2004, rimarrà in loco, negando il finanziamento de la Renta Dignidad, la pensione di vecchiaia universale istituita coraggiosamente mesi fa dal governo.
Quindi si procederà a un superamento della proibizione di esportare l’olio, misura recentemente adottata da Morales per proteggere il fabbisogno interno e combattere la speculazione. A seguire si darà il via a una serie di promesse di forte impatto popolare per le classi subalterne di Santa Cruz (perché nessuno le chiama populiste questa volta?), finanziate dalla futura autonomia fiscale e dal mantenimento in loco dell’IDH: un piano di edilizia popolare, aumenti salariali, un assicurazione sanitaria dipartimentale. Il tutto grazie a «los recursos que [el departamento] va a recuperar». Con buona pace del pauperimmo resto del paese, ovviamente.

Il carattere eversivo di queste proposte è sotto gli occhi di tutti. All’origine vi è il rifiuto di prender atto della bocciatura del referendum da parte della Corte Nazionale Elettorale di qualche settimana fa’. Il presidente di quest’ultima, Jose Luis Exeni, noto anche per la sua attività di blogger, ha infatti fatto cadere entrambe le consultazioni che erano in programma: quella “governativa” sul nuovo progetto costituzionale – per l’assenza di un clima adatto – e quella autonomista - per la sua palese incostituzionalità. Ma mentre l’oficialismo ha accettato di buon grado il verdetto della Corte, l’oligarchia cruceñista non si è rassegnata e ha deciso di portare avanti il referendum, costi quel che costi. Anche se a difenderlo – come abbiamo ricordato qui – dovranno essere le ronde neonaziste dell’UJC, la Forza Nuova locale. Il tutto mentre qualcuno continua a vedere nella cricca cruceñista la vera Bolivia democratica, ostaggio del populismo nazionalista (sic!) del governo indigenista di La Paz.

E così nell’indifferenza dei grandi media internazionali, la Bolivia, a due anni dall’elezione di Morales assomiglia sempre più al Cile pre-golpe del ’73. Pochi giorni fa un massiccio sciopero dei sindacati degli autotrasportatori – alleati a doppio filo con l’oligarchia agroesportatrice di Santa Cruz – ha paralizzato il paese, in maniera non dissimile a quanto accadde nei giorni della morente Unidad Popular cilena.
E non finisce qui. La tensione cresce infatti in tutti i dipartimenti governati dai prefetti “autonomisti”, così come a Sucre dove un pretestuoso e strumentalizzatissimo conflitto sulla Capitalia (da riportare nella vecchia ciudad blanca togliendola all’”usurpatrice” La Paz) crea non pochi grattacapi al gabinetto Morales e non pochi disordini e violenze.
Inoltre la guerra di spie scoperta qualche settimana fa’ (gli Stati Uniti pagavano studenti e borsisti nordamericani per spiare cittadini venezuelani e cubani nel paese) ha rivelato che le oscure manovre della diplomazia Usa in Bolivia non sono mai finite – anche se forse ora hanno meno incidenza che in passato.
Infine non dovrebbe rappresentare un segreto per nessuno l’evidente simpatia per gli autonomisti di tutte le multinazionali degli idrocarburi che operano nel paese, per le quali una vittoria della fronda anti-Morales potrebbe significare un rapido ripristino della situazione anteriore all’insediamento del presidente indio.

Tuttavia, come già detto altre volte, la scelta di questa strategia autonomistico-secessionista è già di per sé un ripiego. E’indubbio che fino a dieci anni fa, quando l’ortodossia del Washington Consensus non era ancora stata intaccata dal vento progressista che spazza da anni il vecchio “cortile di casa”, la situazione boliviana sarebbe stata risolta nel più classico dei modi: con un golpe militare, finanziato ad altre latitudini. Ma di questi tempi come ha detto los tesso Evo Morales tempo fa, gli autonomisti “bussano alle porte delle caserme, ma i militari hanno [...] un'altra mentalità”. Anche perché la mutata situazione internazionale – comprensiva di minacce del Venezuela di Chávez di vietnamizzare la Bolivia in caso di rovesciamento di Morales- funge da valido deterrente. Ma non scaccia gli spettri di una crisi di difficilissima soluzione. Nè quelli di una vera “balcanizzazione” del paese. Prospettiva rispetto alla quale la recente e scellerata proclamazione unilaterale di indipendenza da parte del Kosovo, potrebbe fungere da pericolosissimo precedente.

Insomma gli ingredienti per rendere nuovamente la Bolivia la polveriera del Sudamerica ci sono tutti. L’unica speranza è che la volontà distruttiva di qualcuno degli attori in campo (la destra moderata che spalleggia l’oltranzismo di Marinkovic e soci) venga meno prima della catastrofe.

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5 commenti:

DS ha detto...

assurdo che una situazione così non venga nemmeno minimamente riportata dai media europei. eppure gli ingredienti ci sono tutti. l'america latina dovrebbe godere di più stima e rispetto.
tommi - www.bloginternazionale.com

conteoliver ha detto...

Ma la provincia di Santa Cruz è etnicamente o economicamente differente dal resto della Bolivia ?
Come si spiega questa opposizione a Morales ?

Camminare domandando ha detto...

Per varie ragioni storiche il dipartimento di Santa Cruz è il più ricco (o il meno povero, se vuoi) del paese. Innanzitutto è il più fertile - vi cresce di tutto - mentre nella Bolivia andina l'agricoltura è difficile e impervia. Inolte sul suo territorio si trovano buona parte delle riserve di idrocarburi del paese e comunque le sedi di tutte le multinazionali dell'energia che operano in Bolivia. Questo fa sì che a Santa Cruz si sia sviluppata un'oligarchia (che in passato ha spesso sostenuto colpi di stato militari e dittature di destra come quella banzerista, che rappresentava la propaggine boliviana del piano Condor) basata sulle rendite di immensi latifondi mai toccati dalle riforme agrarie e sul legame con gli interessi delle compagnie energetiche straniere in Bolivia.
Quest'oligarchia si sente oggi seriamente minacciata dalle politiche redistributive del governo Morales. In particolar modo teme l'entrata in vigore della nuova costituzione che prevede(con l'articolo 398) la limitazione delle terre concentrabili nelle mani di un solo proprietario a 5000/10000 ettari. Questo significherebbe la fine del latifondo. Branko Marinkovic che è il leader degli autonimisti ed è un magnate della soia, per fare un esempio, è inquisito per appropriazione illegale di circa 27000 ettari di terre delle popolazioni indigene della zona.
E' per questo che Santa Cruz spinge per approvare uno statuto autonomico che svuoterebbe non solo l'effetto di un'eventuale futura entrata in vigore della costituzione, ma anche tutte le politiche del governo centrale.
E'qualcosa di molto simile alla nostra Lega: si fa di tutto per difendere i propri privilegi di una regione più prospera nei confronti del resto del paese. E si fa questo spargendo razzismo tra le classi medio-basse della città, facendo leva sulle differenze etniche nei confronti della parte andina del paese. Differenze che effettivamente esistono, ma che non rappresenterebbero un problema se non venissero strumentalizzate in maniera razzistica per un progetto politico che ha tutt'altri fini.

LaValen ha detto...

grazie! per darmi questo scorcio che non percepisco altrimenti ...neppure dai media argentini ho potuto apprezzare la complessità e rischiosità del momento attuale ... grazie ancora

Camminare domandando ha detto...

Ciao Vale, grazie per la visita. La situazione boliviana sembra effettivamente a un punto di non ritorno...
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