sabato 23 febbraio 2008

PERU', TLC E PALLOTTOLE

Quando lo scorso 4 dicembre il Senato americano approvò definitivamente il Trattato di Libero Commercio con il Perù di Alan Garcia, i non pochi paventarono pesanti ricadute sull’agricoltura peruviana ed un inasprimento delle tensioni sociali nel paese andino, dovuto all’impari concorrenza tra prodotti come il mais, il frumento e la soia peruviana ed i loro (sussidiatissimi) omologhi americani. Preoccupazioni giustificate soprattutto dal fatto che la ratifica del Trattato appariva (ed appare) come la manifestazione più eclatante ed inequivoca di un complessivo orientamento economico iperliberista, che ha portato il governo di Lima a negoziare analoghi accordi con svariati altri partner commerciali (Canada, Ue, Corea, Cina, Cile) e a perseguire la privatizzazione (leggasi svendita) di gran parte delle risorse naturali dal paese – dalle miniere di oro, zinco e rame, a milioni di ettari dell’Amazzonia peruviana. Corollario temuto di questa apertura a 360 gradi dell’economia pareva a molti analisti un’involuzione autoritaria e repressiva (volta a spianare la via agli investitori stranieri), preannunciata lo scorso luglio da una serie di decreti liberticidi approvati dallo stesso Alan García - grazie a una speciale delega ottenuta per legiferare in materia di sicurezza e (sic!) lotta al terrorismo – tra i quali spicca il famigerato decreto 982 che depenalizza gli omicidi compiuti dalle forze dell’ordine in caso di proteste e manifestazioni.


Le previsioni più nefaste paiono purtroppo aver trovato una funerea conferma negli ultimi giorni. Il comparto agricolo aveva infatti dichiarato a partire da lunedì scorso un paro (sciopero) a tempo indefinito, proprio per protestare contro gli effetti negativi del Trattato di Libero Commercio. Tra le rivendicazioni degli agricoltori, oltre a sussidi e compensazioni per l’impatto del Tlc, vi era anche la ricerca di una soluzione al rincaro dei prezzi dei fertilizzanti e dell’acqua per le irrigazioni.
I manifestanti avevano dato vita a marce e blocchi stradali in diverse parti del paese, tanto nel Nord che nel Sud, bloccando la Panamericana in diversi punti.

La risposta del governo non si è purtroppo fatta aspettare. Il presidente del Consiglio dei ministri, Jorge del Castillo, ha dichiarato lo stato d’emergenza in 8 provincie (Huaura, Huarral e Barranca nel dipartimento di Lima, Huarney, Casma e Santa nel dipartimento di Ancash, Viru e Trujillo, nel dipartimento la Libertad), annullando di fatto le garanzie costituzionali ed autorizzando così le forze dell’ordine a detenzioni arbitrarie, perquisizioni senza mandato, precettazioni, proibizione di scioperi e cortei, restrizioni al libero transito. Nei violenti scontri che ne sono scaturiti (soprattutto nella zona di Ayacucho) hanno perso la vita almeno 5 persone, quattro delle quali per evidenti ferite d’arma da fuoco – nel corso di due differenti giornate di sciopero. Centinaia sono stati anche i feriti e gli arrestati – che ora in base ai decreti liberticidi di Alan García rischiano anche svariati anni di carcere, solo per aver bloccato una strada.

La violenta repressione pare aver sortito l’effetto sperato: le associazioni del comparto agricolo Convención Nacional del Agro (Conveagro), Junta de Usuarios del Riego (JUR) e Confederación Nacional Agraria (CNA) hanno sospeso lo sciopero ed i blocchi stradali - anche se in alcune regioni il paro è stato prolungato per protestare contro la morte dei cinque manifestanti. Il governo intanto sembra, almeno formalmente, intenzionato a riaprire il dialogo con gli agricoltori, anche se sarà difficile aspettarsi un cambio di rotta.
Il gabinetto di Alan García si trova peraltro impegnato in questi stessi giorni ad affrontare almeno altre due massicce proteste: quella degli insegnanti che protestano contro la contestata legge del tercio superior – che riduce drasticamente (su presunta base meritocratica) gli insegnanti all’’interno della scuola pubblica – e quella dei cittadini di Cusco, preoccupati per una legge (chiamata eufemisticamente “Legge di promozione dello sviluppo sostenibile dei Servizi turistici” ) che facilita la concessione di licenze ai privati per costruire hotel e strutture turistiche anche nelle adiacenze di monumenti storici (come i siti archeologici inca), rischiando di danneggiare gravemente il patrimonio storico-artistico della regione.
L’opposizione humalista ha subito chiesto che il ministro dell’Interno Luis Alva Castro (vecchia volpe dell’Apra e personaggio molto discusso negli ultimi tempi) venisse in Parlamento a riferire sui cinque decessi – cosa che avverrà il prossimo mercoledì, 27 febbraio - e intende presentare una mozione di censura nei suoi confronti.
Alva Castro, da parte sua, si è subito smarcato dai fatti responsabilizzando dei decessi i dirigenti delle stesse organizzazioni degli agricoltori, trovando in questo – manco a dirlo - una formidabile spalla nel presidente García. Il vecchio Alan, con l’insensibilità che pare contraddistinguere gran parte delle sue ultime uscite, non solo ha riaffermato il proprio appoggio nei confronti del ministro e scartato qualunque ipotesi di commissione d’inchiesta sugli scontri, ma al contrario ha espresso la sua piena approvazione riguardo all’operato della polizia. “La polizia ha agito con grande convinzione e decisione e io mi congratulo con la Polizia, è un ottima cosa che difenda il Perù ed ora vogliamo vedere questo tradursi nel giudizio dei colpevoli” ha dichiarato il mandatario peruviano. Ed ha aggiunto “Che serva da lezione in modo che quando qualcuno promuove pubblicamente e agitatamente uno sciopero, sappia dove sta portando queste persone, sappia a chi sta aprendo le porte. Da ora in avanti [..] chiunque convochi questo tipo di mobilitazioni deve sapere che è direttamente responsabile di qualunque cosa accada, della distruzione e della morte di qualunque persona.” Un atteggiamento pilatesco ed auto-assolutorio, iconicamente rappresentato nella beffarda copertina di La Republica di ieri (vedi foto in alto). Ma anche un atteggiamento con il quale il discusso presidente sudamericano sembra mettere le mani in avanti relativamente ad eventuali nuove escalation repressive, se necessarie a mantenere quella pace sociale, funzionale al suo progetto di stato iperliberista.

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2 commenti:

Joe Galanti ha detto...

E' da parecchio tempo che seguo il tuo interessantissimo blog. Questa notizia mi lascia esterrefatto: ho lavorato nell'Amazonia peruana a progetti di sviluppo sostenibile, che mi sembravano corretti. Ora leggo che la situazione è diversa... non immaginavo quanto. Continuerò a seguirti.., grazie per ora.
Giovanni

Melina2811 ha detto...

Anche io ogni tanto vengo a leggere, non conosco il sud-America ma sono molto interessanti le cose di cui informi. Maria

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