L’ho letto pressochè in tutti articoli che nei giorni scorsi commentavano il referendum autonomista di Santa Cruz : la consultazione, che pur ha visto una gigantesca vittoria del Sì, non si tradurrà in nulla di concreto, perché il presidente Morales la considera illegale ed illegittima.
Questa vulgata l’ha riferita lunedì il Tg1, l’ha scritta Omero Ciai su Repubblica e l’ha ripresa perfino Peacereporter (per coprire tutto lo spettro politico). Ma l’hanno presa per buona pure altre decine di giornalisti di varia provenienza. E il motivo è abbastanza scontato. Hanno tutti consultato le stesse fonti.
Ora che a Morales e al suo governo il referendum non andasse a genio è fuori discussione. Ma il punto non è questo. A bocciare il referendum e a bollarlo come illegale ed incostituzionale non è stato il presidente indio, ma la Corte Nazionale Elettorale. Quest’ultima non può essere certo accusata di parzialità: il suo presidente Exeni non ha fatto cadere solo il referendum autonomista, ma anche quello sulla costituzione promosso dall’oficialismo, perché il giorno in cui quest’ultimo era stato convocato si erano verificati dei disordini all’entrata del Congresso, con il risultato di impedire ad alcuni parlamentari dell’opposizione di votare.
Tuttavia mentre Morales ha accettato di buon grado la decisione di Exeni e della Corte, gli autonomisti hanno deciso di andare avanti per la loro strada, dimostrando tutto il carattere eversivo della loro iniziativa politica.
Peraltro l’incostituzionalità della consultazione non è opinabile. Come ha spiegato ottimamente l’amico Anticap la legge boliviana impedisce l’istituzione di referendum a livello dipartimentale se questi riguardano temi d’interesse nazionale. E’evidente che la concessione dell’autonomia ad un’intera regione è un tema d’interesse nazionale che non può essere stabilito unilateralmente dalla regione in questione. Ed è ugualmente evidente che qui non contano le opinioni del signor Morales, ma le leggi dello stato boliviano. Ma questo per tanti sciatti giornalisti nostrani non conta alcunché.
Poi già che ci siamo sarebbe il caso di analizzare un po’ meglio i risultati della consultazione. Il sì ha vinto effettivamente con l’81%, ma anche con un tasso di astensionismo di quasi il 40%. Ipotizzando anche che parte degli astenuti avrebbero votato sì, è difficile immaginare una percentuale di favorevoli allo statuto autonomista superiore al 60%. E questo ridimensiona e non poco il trionfalismo di Marinkovic e Costas.
Infine vanno ricordati altri due o tre fatti che inficiano e non poco la credibilità del referendum:
a) Per la prima volta nella storia della democrazia boliviana (cioè dal 1982), parte delle operazioni di voto è stata privatizzata. La Corte Dipartimentale Elettorale di Santa Cruz, diretta da quel Mario Orlando Parada la cui moglie Maria Julia Gutierrez è nientemeno che la presidente della “sezione femminile” del Comitè Civico di Santa Cruz, primo organizzatore del referendum, ha infatti commissionato all’impresa di un certo Miguel Serrano (di recente sospeso nelle sue funzioni dalla Corte Elettorale Nazionale per alcuni problemi legati al suo lavoro) il compito di curare il sistema informatico di conteggio. E’ la prima volta che questo accade in Bolivia e prefigura – secondo molti –scenari “da Florida”.
b) La giornata elettorale è stata caratterizzata da continue segnalazioni di brogli soprattutto al Plan 3000 – un quartiere povero di Santa Cruz – dove alcuni contestatori legati al Mas, hanno ritrovato svariate urne piene di schede elettorali pre-votate, ovviamente a favore dell’autonomia (vedi video). Inoltre in molti hanno segnalato irregolarità nella gestione dei seggi, spesso aperti nonostante l’assenza del numero legale di scrutatori.
c) Infine più del 10% dei voti espressi domenica risulta composto da schede bianche o invalidate da quei comitati elettorali che – come ha scritto ieri Maurizio Chierici su “L’Unità” – non hanno nulla da invidiare alla «Bulgaria dei soviet e al Cile di Pinochet».
Secondo la redazione dell’agenzia di stampa Bolpress, che adduce una lunga serie di prove in un interessante reportage, è possibile parlare apertamente di frode elettorale. Della stessa opinione è il Ministro alla Presidenza del governo boliviano Juan Ramon Quintana, che ugualmente paventa irregolarità nello svolgimento del referendum.
Quali che siano i dati reali - al di là della “contabilità creativa” della Corte Elettorale dipartimentale di Santa Cruz - non conviene tuttavia sottovalutare quella metà o poco più di voti espressi in favore dell’autonomia. Pur continuando a denunciare il carattere eversivo e strumentale dell’iniziativa del Comitè, è bene che il Mas s’interroghi su cosa non funziona nelle sue basi d’appoggio a Santa Cruz. In particolare su come sia possibile che migliaia di persone che vivono nei barrios più poveri della città orientale possano cadere vittima della retorica autonomista di Marinkovic e delle false promesse populiste di Costas.
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