Continua la furia liberalizzatrice del governo Alan Garcia. L’uomo che più di vent’anni fa nazionalizzava la leche Gloria provocando le ire della Nestle e metteva sotto controllo banche e istituti assicurativi, sembra oggi puntare a rendere il Perù la cattedrale del neoliberismo sudamericano, in tempi in cui tutto il resto del continente va (fortunatamente) da tutt’altra parte.
A sole 48 ore dalla ratifica da parte del Senato americano del trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, la camera cilena ha dato luce verde ad un progetto di ampiamento del protocollo ACE n° 38, l’accordo che regola dal 1998 i rapporti commerciali tra il Perù e il paese australe, configurando di fatto un ulteriore trattato di libero commercio. E le manovre in senso liberista non si fermeranno qui, dal momento che il Perù ha in fase di discussione accordi analoghi con Canada e Singapore.
Quali possano essere gli effetti di tali provvedimenti sulla fragile economia peruviana è facile immaginarlo, soprattutto alla luce di un precedente illuminante come quello messicano.
Rimanendo nell’ambito del Tlc con il Cile preme ricordare l’asimmetria tra le economie dei due paesi. Allo stato attuale il Cile investe nel paese andino qualcosa come 166 volte tanto quanto investe il Peru in Cile e, soprattutto, riesporta a prezzo maggiorato circa il 60 % delle merci provenienti del Perù, piazzandole sul mercato cinese.
Secondo Alain Fairlie, analista economico peruviano e professore all’università di Lima, l’anomalo Tlc rischia di creare un sorta di rapporto Nord-Sud tra Perù e Cile, dal momento che il primo esporta nel secondo materie prime e il secondo inonda (e inonderà sempre di più dopo l’ampliamento dell’accordo commerciale) il primo di prodotti finiti.
A quale dei due contraenti possa giovare un tale accordo dovrebbe apparire chiaro a chiunque, tranne a quanto pare, ai ministri del governo Garcìa. La manovra sembra peraltro inserirsi in un preciso progetto “espansivo” da parte del governo cileno, che sta portando in questo periodo alla ratifica di un analogo Tlc con il Guatemala e, più in generale, a un’intensificazione dei rapporti commerciali del paese australe con il Centroamerica.
Ben più ingenti tuttavia rischiano di essere gli effetti negativi per il Perù del Tlc con gli Stati Uniti soprattutto in campo agricolo. I prodotti agricoli peruviani rischiano di perdere qualunque competitività rispetto a quelli Usa, sostenuti da enormi sussidi statali (al contrario di quelli del paese andino) e soprattutto prodotti in maniera industriale su larga scala. Questo, secondo molti analisti, rischia di allargare ulteriormente la già enorme ed evidente polarizzazione nella distribuzione della ricchezza tra aree rurali ed urbane, portando all’esclusione di centinaia di migliaia di cittadini peruviani.
Insomma, a quanto pare, ci sono tutte le buone condizioni perché il “nuovo” Alan Garcia possa riuscire a far fracasar nuovamente l’economia peruviana come già una ventina di anni fa, al tempo del paquetazo.
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1 commento:
bella storia politica quella di garcia...un uomo per tutte le stagioni...
ciao
alessandro
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