Esiste un vecchio adagio sul mondo del giornalismo che dice che “se un cane morde un uomo non fa notizia, ma se un uomo morde un cane allora fa notizia”. Se questo vecchio proverbio fosse ancora valido, probabilmente tutti i giornali avrebbero dedicato amplissimo spazio a ciò che è successo l’altro ieri sera (martedì 18 marzo) alla Bovisa, storico quartiere della periferia
Nord di Milano, alle spalle una lunga tradizione operaia, oggi polo universitario in ascesa.Quasi duecento cittadini infatti si sono ritrovati presso la biblioteca di zona per discutere delle questioni legate alla presenza nel territorio del quartiere di un’immensa baraccopoli abitata da diverse centinaia di Rom, sorta negli ultimi mesi in una zona abbandonata di via Bovisasca, in conseguenza degli sgomberi di altri insediamenti. Ma non già per esprimere razzistico rifiuto, redigere lunghi
cahiers de doleances, ripetere stantii “non a casa mia”, inanellare luoghi comuni, pregiudizi, fanfaronate leghisteggianti. Ma per discutere civilmente, pacificamente, responsabilmente su quali soluzioni trovare al degrado del quartiere e alla convivenza con i cittadini Rom presenti nel campo a pochi isolati da lì.
L’assemblea era stata promossa da tre associazioni del quartiere: Bovisa Verde, l’Associazione “Luca Rossi” per l’educazione alla pace e all’amicizia tra i popoli e il Centro Culturale Multietnico “La Tenda” (di cui chi scrive fa parte); ma contava anche sull’adesione e la partecipazione di alcune realtà cattoliche e laiche che operano direttamente nel campo Rom per alleviare il disagio abitativo delle persone ivi residenti (la Caritas, i Padri Somaschi e il Naga). In particolare due operatori, rispettivamente della Caritas e dei Padri Somaschi - Sr Claudia Biondi e Valerio Pedroni - erano stati invitati in veste di esperti per approfondire alcune tematiche legate alla presenza dei Rom sul territorio cittadino e per fugare tanti luoghi comuni ed equivoci sulle popolazioni sinti. Inoltre, cosa tanto rara quanto auspicabile in queste situazioni, erano presenti all’incontro anche diversi Rom abitanti del campo in questione.
Ciò che ne è venuto fuori è stato un dibattito eccellente, in cui tutta la zona si è trovata d’accordo su almeno due punti. Innanzittutto il rifiuto dell’equazione Rom=degrado. La presenza dei Rom, stanziatisi su un ex-area industriale dismessa, fortemente contaminata a causa dei residui chimici lasciativi trent’anni fa dall’azienda un tempo proprietaria del terreno, non rappresenta affatto – per i partecipanti all’assemblea - un fattore di degrado, quanto eventualmente il catalizzatore di un degrado decennale che non si è mai voluto affrontare.
In secondo luogo il rifiuto netto della politica degli sgomberi ciechi – tanto amata e tanto strumentalizzata (specie in campagna elettorale) da alcuni forze politiche – ed invece la richiesta di una soluzione condivisa e partecipata al problema abitativo dei Rom. Di qui la proposta di un tavolo interistituzionale per risolvere la questione in maniera non emergenziale e non semplicemente “spostando il problema” in qualche altra area della città come in Lombardia si fa ormai da anni. Ed anche la ferma volontà dei cittadini del quartiere di rilanciare una grande campagna di bonifica e di riqualificazione delle tante aree ex-industriali dismesse, presenti sul territorio..
Il campo su cui sorge l’insediamento infatti apparteneva un tempo alla Montecatini-Edison che, nell’abbandonarlo circa trent’anni fa’, non procedette mai alla necessaria bonifica, lasciando così il terreno intriso di sostanze nocive (metalli pesanti, oli minerali, arsenico…). Sostanze nocive che gli abitanti del quartiere si trovano a respirare da ormai tre decenni, ma che negli ultimi tempi sono costretti a respirare – in ben più grande concentrazione – anche gli abitanti del campo Rom, stanziato proprio sul terreno contaminato. Campo Rom, al quale oltretutto vengono negati anche i più basilari servizi: la disponibilità di acqua, di elettricità, il ritiro delle immondizie. Circostanze a cui gli abitanti del campo si trovano a far fronte come possono, provocando purtroppo soventi incomprensioni con alcuni residenti. L’ovvia ed elementare pratica igienica di bruciare le immondizie per tenere lontani i topi o di accendere fuochi per riscaldarsi vengono viste da taluni –ignari del livello pregresso di inquinamento della zona – come elementi di ulteriore degrado del quartiere.
A ciò si aggiunge lo sciacallaggio dei molti che utilizzano da anni impunemente la zona come discarica abusiva e che seguitano tuttora a rovesciare rifiuti e macerie nell’area della baraccopoli – rifiuti che vengono poi ovviamente ingenerosamente addebitati alla comunità Rom.
Di fronte a tutto questo gli abitanti del quartiere hanno preso la decisione responsabile di impegnarsi in prima persona per la soluzione di tutti i problemi sul tappeto. E molti di essi infatti erano presenti anche ieri mattina nei pressi della baraccopoli quando, verso le 7, sono arrivate le ruspe dei vigili per dar il via ad un’operazione di “alleggerimento” del campo. Non propriamente uno sgombero, ma piuttosto un restringimento del suolo occupato dalle baracche dei Rom, che sono state spostate – senza demolirne alcuna e con la collaborazione degli stessi Rom - ad un’estremità del campo, in posizione meno appariscente. Insomma un’operazione di immagine che ha lasciato completamente inalterato il problema.
Nel frattempo i cittadini del quartiere chiedono che, in attesa di uno sgombero che seppur differito – a quanto pare per l’opposizione del prefetto – rimane imminente, si proceda perlomeno ai più elementari interventi umanitari, come l’erogazione di acqua, l’installazione di servizi igienici e l’attivazione di un servizio di raccolta rifiuti. Ma soprattutto auspicano che venga scongiurata l’ipotesi di una qualche indecorosa soluzione-tampone che veda - come in passato - lo smembramento dei nuclei familiari Rom, con l’offerta di sistemazioni provvisorie a donne e bambini e l’abbandono a se stessi dei capifamiglia.
Quel che è certo è che di fronte a questa straordinaria mobilitazione, a questo interessamento e coinvolgimento di una fetta importante degli abitanti della Bovisa, sfuma lontano l’eco delle polemiche spesso rissose montate ad hoc da leaderini politici razzisti e da media interessati e non certo imparziali. Anche le rimostranze, le raccolte di firme, le petizioni che pure ci sono state marginalmente nel quartiere nelle settimane scorse – ad opera di persone poco avvezze al dialogo ed al confronto - finiscono nell’angolo, nel dimenticatoio, si perdono nel chiacchericcio confuso, in quel calderone di luoghi comuni, di pregiudizi, di incomprensioni, in cui pesca chi rimesta nel torbido e cerca di cavalcare – strumentalmente ed irresponsabilmente – paure e diffidenze tanto ataviche quanto pericolose.
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Riportiamo qui il comunicato-stampa rilasciato ieri dalle Associazioni organizzatrici.
La Bovisa e i Rom: prove di convivenza
Questa mattina Vigili Urbani accompagnati da ruspe e camion si sono presentati al campo occupato da famiglie Rom in via Bovisasca per un’operazione definita di “alleggerimento e messa in sicurezza dell’area”. Un’operazione che ha spostato una parte delle baracche dei Rom all’altro lato del campo – lasciando sostanzialmente invariata la situazione esistente.
Ma la notizia è un’altra. È l’assemblea che ieri sera si è svolta alla Biblioteca Bovisa-Dergano, a poche centinaia di metri dall’insediamento in questione.
Partecipata, preoccupata ma civile.
Così è stata l'assemblea, che ha visto raccolti circa 150 abitanti del quartiere Bovisa, periferia nord di Milano, per discutere del degrado del quartiere e della convivenza con la comunità Rom che si è insediata su un terreno dismesso ma pesantemente inquinato.
Il momento di confronto, indetto da tre associazioni di quartiere (Associazione "Luca Rossi" per l'educazione alla pace e all'amicizia tra i popoli, Bovisa verde e Centro Culturale Multietnico "La Tenda") ha visto partecipare molte realtà presenti localmente.
A cominciare dai gruppi cattolici direttamente impegnati nel campo Rom (Valerio Pedroni per i padri Somaschi e sr. Claudia Biondi della Caritas), passando per scrittori, architetti, insegnanti, iscritti a partiti o gruppi politici, esponenti di comitati locali (Bovisa anti degrado), consiglieri di zona, comunali e provinciali. Ma anche un sacco di cittadini qualsiasi. E per finire un gruppo di rappresentanti della comunità Rom al centro dell'incontro, cosa che raramente si vede in queste occasioni.
La discussione, ampia e approfondita, si è soffermata in particolar modo sulla consapevolezza del doppio problema che tale situazione comporta. La presenza di un importante baraccopoli (abitata da parecchie centinaia di persone), che da sola sarebbe in grado di mettere in crisi qualsiasi comunità urbana, e la sfortuinata scelta, fatta dalle famiglie Rom, del terreno su cui insediarsi (probabilmente uno dei più pesantemente inquinati della zona) che rende estremamente pericolosa (prima di tutto per loro stessi) la permanenza.
La soluzione, secondo gli intervenuti, è molto distante dalla politica degli sgomberi ciechi (particolarmente richiesti in periodo pre-elettorale) e passa attraverso un coinvolgimento sinergico di tutte le realtà coinvolte: politiche, amministrative, di volontariato, culturali e associative, anche locali. La drammaticità delle condizioni del campo rendono urgente un intervento. Ma, data la complessità del problema, è impensabile che tale soluzione possa essere rappresentata da una stretta repressiva, magari sostenuta da realtà che rifiutano il dialogo e sfruttano strumentalmente il disagio dei residenti.
L’incontro si è chiuso con l’invito, da parte della biblioteca, ad approfondire la conoscenza della cultura Rom attraverso lo spettacolo “Rom cabaret” di Dijana Pavlovic, che verrà presto messo in scena presso la stessa biblioteca.
Solo la preoccupazione dell’imminente sgombero dell’area (che i più informati già prevedevano come “dimostrativo”) turbava il clima di responsabile collaborazione. La presenza di alcune cittadine e cittadini questa mattina al momento dell’operazione di “alleggerimento” è invece servita anche ad “alleggerire” una possibile tensione tra i Rom e il quartiere – e l’impegno ad un comune lavoro per meglio affrontare questa “strana“ convivenza.
Associazione "Luca Rossi" per l'educazione alla pace e all'amicizia tra i popoli
Bovisa verde
Centro Culturale Multietnico "La Tenda"
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3 commenti:
Grazie Francesco per questo eccellente contributo che dimostra che quando la coscienza politica e civile dei cittadini si unisce allora si riescono a intravedere soluzione “più umane” per alcuni problemi dove la così detta politica istituzionale si è dimostrata essere completamente incapace. E non solo nelle amministrazioni comunali di destra ma anche in quelle di sinistra come ad esempio a Roma, dove i campi rom sono stati semplicemente spostati in continuazione senza mai risolvere veramente i problemi con metodi discutibilissimi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani di queste persone. Mi sembra degno di nota e veramente raro come dici, l’aver coinvolto persone che vivono nel campo rom all’iniziativa.
Ciao!
allora i miracoli esistono!!! e anche al gente civile!!! grazie dell'ottima notizia...serviva davvero :D
besos rojos
ladytux
E quindi cosa si pensa di fare?
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